martedì 18 dicembre 2012

pof-pof

  La mission che mi sono data è di collegare direttamente le persone alle tecnologie, con la premessa che di solito sono le tecnologie ad essere collegate alle persone tecnicamente.



 Leggendo La cultura del Buonarroti  e riferendo su un'altra esperienza La cultura digitale del gioco rifletto sul lavoro didattico e il contesto politico in cui si svolge. 
 Non basta essere e sentirsi nel giusto, insomma, per agire in modo efficace e corretto, come dimostra la mia intuizione sul contesto generale delle console di videogiochi e la mancata  introduzione delle tecnologie nell'istruzione pubblica in tempi non sospetti.  Non basta ugualmente che si abbia notizia di pratiche virtuose come quelle del gruppo del Buonarroti. Tocca parlare un linguaggio volgare che segni il cambio di paradigma nel contesto generale in cui si agisce, ma non avendo disponibile in proprio l'autorità dell'Alighieri si deve tessere una rete fittissima di supporto che lo comporti.
 O meglio, individuare il complesso di reti che già costituiscono la vita stessa delle persone, cosa nuovissima e caratteristica del nostro tempo. Google ne è il leader che ha imposto il volgare del digitale nel mondo moderno. Io sovrascrivo in questo momento questo testo e posso essere visto utilmente grazie a lui, lo stupor mundi del millennio attuale. Mi si vede scrivere, letteralmente (ndr. ancora un altro corsivo..): non stiamo parlando di forum chat e diavolerie esplicitamente collaborative. Sono io che mi espongo pubblicamente mentre formulo in un testo quel che sto facendo e che debbo fare per esprimere e affermare il mio punto di vista.

 Lo steggo google tecnologico mi fornisce, se voglio, oggi dei modi dichiarati per lavorare insieme - ed io li uso quando occorre - ma la mia libertà di sperimentarmi va oltre: ho infatti la possibilità di trasgredire ai protocolli, di farmi interprete per esempio dell'oscurità che avvolge necessariamente l'attività digitale dei non addetti ai lavori. Gli altri, i chierici, gli addetti, non conoscono per esperienza il buio dei processi soggettivi delle 'persone comuni' oggetto di ricerche e produzioni.

Mi spiego. Potrei scrivere il testo nel mio G-Drive e condividerlo con altri e pubblicarlo man mano automaticamente: ma chi conosce questa tecno? Il mio commercialista, sì; i miei soci di studio, sì; la mia community, sì; ma la maggior parte delle persone che io voglio incontrare eventualmente non deve essere tenuta a negoziare questi procedimenti se voglio che il mio messaggio sia raggiungibile qui ed ora.
Il contesto didattico è più ampio delle aule scolastiche, non basta riportare i modelli cooperativi e laboratoriali nell'istituzione scolastica, non vale parlare genericamente di pedagogia dei media vecchi e nuovi, ma è invece vero che esistono diverse agenzie diffuse di formazione e di scuola nella società globale. Ecco. E l'esperienza di Caserta alla Buonarroti tra le altre all'interno e quella di Google in giro per il mondo rientrano tutte nell'ambito della scuola paradossale su cui riflettiamo attivamente in tanti.

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