GeoGebra, non solo geometria.
Classe prima, scuola primaria: http://splashscuola.
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giovedì 17 dicembre 2015
RACCONTA E CONTA
martedì 1 dicembre 2015
Serena a scuola
"Non è da tutti farsi succedere qualcosa". E' una frase che significa due cose: da un lato essere oggetto
o soggetto di un avvenimento, dall'altro saperlo assorbire tanto a fondo da raccontarlo.
A me, quasi sei anni fa, è successo d'iscrivermi all'Unical.
Non ero spaventata dall’inizio di questa nuova esperienza, ero se mai dubbiosa e ansiosa come chi chiude
un capitolo della propria vita e non sa a cosa va incontro; e al tempo stesso eccitata ed euforica per la
scoperta di un nuovo mondo.
Sta di fatto che non ero sola!!!Una persona si è imbarcata con me sulla nave “UNICAL”, ma ancora non
sapeva di essere coprotagonista di questa storia:mia figlia! In fondo anche per lei ho deciso di
intraprendere questo percorso.
Fatto il biglietto (pagate le tasse), fatte le valigie (preso il necessaire per i corsi) la nave salpa!!
E’ proprio come una traversata transoceanica che vedo il mio percorso universitario. Una lunga crociera.
La prima parte della traversata non è stata tutta rose e fiori ovviamente. L’attracco al porto “Tesi” è stato
molto sofferto, soprattutto per il fatto che la terra mi sembrava sempre vicina, ma una serie di impedimenti
hanno ostacolato l’attracco. Dapprima l’approdo è stato impossibilitato dai fondali bassi (la mancanza di
profondità del fondale vuole essere una metafora della mancanza di elasticità mentale di alcuni soggetti
che mi hanno “accompagnato” in questo importante percorso formativo). E’ seguita poi ’incapacità del
comandante in seconda nel raddrizzare la rotta del mezzo (chi avrebbe dovuto indirizzarmi verso alcune
scelte non ha avuto capacità di farlo, con l’effetto, nefasto, di prolungare la traversata). A fare da contorno
il mare molto mosso (provocato da turbe familiari).
Ma nonostante la corrente andasse contro il mio “vascello” sono riuscita ad approdare. Posso perciò dire
che la mia esperienza di navigazione è stata si, bella, piacevole, divertente, ma anche lunga e faticosa.
Fortunatamente non sono colata a picco come il Titanic!! (e mi permetto di dire che non ho trovato il mio
Jack!!)
Da ottobre dello scorso anno la nave è salpata di nuovo; destinazione “Laurea Magistrale”. Rispetto
all’andata il ritorno sembra essere molto più tranquillo, e per dirla tutta, la vivo in maniera completamente
diversa rispetto a prima. Al momento la traversata procede per la meglio; ho incontrato persone nuove e
soprattutto simpatiche e la nave ha fatto sosta in luoghi interessanti (ho seguito corsi stimolanti), quindi,
turisticamente parlando, finora, nella navigazione non ci sono intoppi!
Paragono la mia esperienza universitaria a una crociera, perché proprio come in una crociera è strutturata
ed organizzata. Ci sono sia i momenti in cui si è vincolati a rimanere a bordo (ossia a studiare prima di un
esame, specie se l’esame non è reputato interessante), ma c’è anche la possibilità di scendere e vedere
dove la nave si è fermata (decidere se seguire o meno un corso), il tutto dipende dall’interesse suscitato
dalla meta.
La vita universitaria, proprio come una crociera, “forza” a socializzare; e proprio come in viaggio su una
MSC, ho incontrato persone che ora fanno parte della mia vita.
Il campus non l’ho vissuto a pieno, sia perché sono autoctona, sia perché sono mamma, e per tale motivo,
cerco come meglio posso di incastrare gli impegni accademici con quelli familiari, dai quali non si va mai in
vacanza.
Non avrei mai pensato di vedere la mia esperienza universitaria in chiave turistica, soprattutto per il fatto
che, per me, sono, a primo acchitto, due mondi agli antipodi . . . apparentemente!!!
Il mondo del turismo, dal punto di vista del cliente, è, quasi sempre, tutto rose e fiori, riposo e relax;
mentre il mondo dello studio è tutt’altro, è impegno, stress. Ciò non toglie comunque la possibilità di
vedere positivamente un percorso formativo, per quanto impegnativo e difficoltoso possa essere.
Analizzandola bene, l’offerta universitaria è in tutto e per tutto paragonabile a quella di un tour operator,
visto che ne riflette la pluralità e l’eterogeneità. Proprio come il turismo, la vita universitaria è cambiata.
Nei secoli passati un viaggio era esperienza da gente nobile, oggi, invece, si può tranquillamente decidere di
passare un week end a Barcellona o a Londra o chissà dove, senza spendere cifre esorbitanti.
Similmente, all’evoluzione del fenomeno turistico, il fatto di usufruire di un servizio “specializzante” e
“altamente formativo”, quale l’università, è cambiato notevolmente. Eccezion fatta per le tasse, che
“limitano” l’accesso al sistema (purtroppo anche a chi lo meriterebbe davvero) molti sono i soggetti che, in
maniera audace, intraprendono questo percorso con la stessa tranquillità con cui si può andare a passare
un week end a Barcellona.
La mia non è un’invettiva al sistema universitario locale, ma alla temerarietà di quei soggetti che intentano
un percorso universitario, in maniera inconsapevole, senza rendersi conto del fatto che, magari potrebbero
dedicarsi a tutt’altro, riuscendo.
Da ignorante in materia posso dire quindi che per alcuni soggetti, iscriversi all’università è un po’ come una
tendenza, una moda, per il fatto di associarla, in maniera errata, ad uno stile di vita. “Mi iscrivo
all’università così mi scialo” o “Vado a fare l’Erasmus in Spagna per farmi na vacanza” ho sentito dire in giro
a molti.
Tutto sommato questi sei anni (finora) trascorsi nel campus come studente, mi portano a pronunciarmi
positivamente sul nostro ateneo, che turisticamente parlando, credo sia polo attrattivo e (a quanto dicono)
valido e rinomato.
Attraccata la nave credo che farò difficoltà a scendere, proprio per il fatto che, terminata la “crociera” non
so a terra cosa mi aspetta. Ma sono fiduciosa e spero che, per me, come per i miei colleghi, ci sia la
possibilità di mettere in atto quello che abbiamo appreso in questo percorso.
martedì 24 novembre 2015
di che mondo parliamo?
Testuale contro digitale? Ma di che mondo parliamo? ... la cultura della società da cui veniamo è “testuale”?No!Da molti decenni, la cultura in cui viviamo è multimediale, a prevalenza televisiva. E la scuola non ne ha mai tenuto conto! La cosa più buffa (se non fosse che comporta uno spreco enorme di tempo, pensiero e denaro, perché si finisce per agire poi in direzioni assolutamente sbagliate) è che, non avendo il mondo dell'educazione mai tenuto conto della televisione, oggi molti pretendono di passare direttamente al “digitale”, ancora non tenendo conto di decenni di televisione. Il che, nella migliore delle ipotesi, è abbastanza patetico!
E la cultura verso cui andiamo è “digitale”?No!
Digitale non è una cultura, ma semplicemente il funzionamento interno, provvisorio, della tecnologia attuale, che per il resto noi usiamo attraverso interfacce assolutamente analogiche. Domani i computer potrebbero basarsi per es. sulle reti neuronali e per l'utente finale che usa solo le app, probabilmente non cambierebbe molto, come non è cambiata in sostanza la televisione, che prima era analogica e oggi digitale, ma, a parte qualche opzione interattiva e il fatto che la possiamo vedere anche on line, sempre televisione è.
Oggi il “digitale” sono strumenti importanti che rendono possibile un livello di comunicazione e anche di produzione di base senza precedenti, ma che in realtà continuiamo a usare solo per una minima parte delle loro potenzialità, sprecando risorse immense che davvero potrebbero "cambiarci la vita", perché il "digitaleè soprattutto una ideologia che si basa essenzialmente sul mercato!Devono convincerci a cambiare ogni sei mesi aggeggi che fondamentalmente non sappiamo usare e chenon impareremo mai ad usare, perché se no smetteremmo di buttarli continuamente via e incominceremmo a farci quello che ci serve davvero, per produrre e comunicare.
Vedo tanto questionare sugli ebook e i libri di carta, sulla “inutilità” della scrittura in corsivo (ma siamo pazzi?) e quasi nessuno che si pone la domanda su come mai, in un mondo con il massimo di potenza di comunicazione della storia, la gente, i gruppi, i popoli e le nazioni riescono sempre meno a comunicare. La conflittualità è diffusa ovunque; la politica si basa come non mai su slogan elementari ed emozioni di pancia; guerre, terrorismo, violenza e integralismi contrapposti si moltiplicano in tutto il mondo; e poi cambiamenti climatici devastanti, crisi economiche a raffica, migrazioni epocali contro cui si innalzano muri!E il problema dell'educazione è che non è “digitalizzata”? Ma scherziamo?
Le macchine e la tecnologia sono estensione dei sensi, della mente, delle relazioni tra gli umani. E gli umani sono corpo, ambiente, socialità.Negli anni Settanta del secolo scorso, non solo si suonava la musica che va ancora oggi, ma una parola d'ordine agitò per un certo periodo il meglio dell'educazione italiana: a scuola con il corpo! A parte molte situazioni fortemente innovative che hanno mostrato che i miracoli sono possibili (Don Milani,Mario Lodi, Reggio Emilia, senza bisogno di andare in Finlandia!),l'istituzione scuola però, il cui scopo principale è riprodurre se stessa, non ne ha tenuto conto, e continua a non tenerne conto, inseguendo le mode e la “tecnologia”, che oggi si chiama digitale, e che serve a ben poco nel momento in cui viene da una parteimposta dall'alto a un corpo insegnante che deve continuamente rincorrerla, e dall'altra non si appoggia su uno sviluppo armonico ed equilibrato delle persone.È dimostrato che con i bambini e i ragazzi, partendo per esempio dall'animazione teatrale, si ottengono risultati in termini anche di apprendimento e produttività assolutamente superiori, con un uso anche delle macchine e della tecnologia naturale, appropriato, non conflittuale.Forse il problema è che partire finalmente dalle persone, essenzialmente non costa niente. Si fanno i conti con quello che si è e che si ha, non ci si sente sempre inadeguati, e magari ci si confronta l'un l'altro, per scambiarsi le esperienze. Che è poi l'unico modo serio di non “perdere tempo”.
Troppo poco costoso? Troppa poca burocrazia? Troppo facile?
Pubblicato da Paolo Beneventi a 10:07
Quattro computer Kano montati da 17 bambini
Arrivare a usare le tecnologie digitali come si usano il martello e i chiodi.
[design.rootiers] |
Quali sono gli strumenti del nostro tempo? Quelli che meglio ci permettono di codificare, rappresentare, capire e in qualche modo cambiare la nostra vita? Le domande, si sa, generano dubbi e la ricerca di risposte genera essa stessa nuove domande, in un circolo che potremmo definire virtuoso poiché là dove si fondono i pensieri, si generano certezze.
http://iamarf.org/2015/11/21/grazie-alla-scoperta-del-computer-giocando-con-i-codici/
http://iamarf.org/2015/11/21/grazie-alla-scoperta-del-computer-giocando-con-i-codici/
venerdì 6 novembre 2015
Maestra, la mappa.
A me è sempre piaciuto programmare e penso che saperlo fare aiuti in molte altre cose, geografia compresa. Con il progetto dell’anno scorso, ho provato a utilizzare le attività di coding messe a disposizione sul web per rinforzare la capacità dei bambini di orientarsi nello spazio.
Come ha selezionato i bambini? [° Coding a classi aperte Diario di bordo per maestre e alunni] Prima di tutto ho chiesto loro quanti fossero disponibili a fermarsi un paio d’ore in più il pomeriggio. In base alle disponibilità, ho creato un gruppo eterogeneo (cioè formato da bambini con caratteristiche diverse), proveniente da tutte e quattro le classi terze, in cui provare ad aiutarsi e a imparare insieme.
giovedì 5 novembre 2015
Porto di mare
Fermate come Porto di Mare io le ho sempre e solo lette sui pannelli informativi ma certe circostanze ti aprono le porte su luoghi mitici della città in cui vivi perché sì, Porto di Mare è una fermata della metro, a Milano dove il mare non c’è.
Eppure esiste.
Di tutto questo, dei biglietti, le trame, la profonda conoscenza della toponomastica, il lancio delle keywords a muzzo sulla barra di ricerca e molto altro, dobbiamo ringraziare solo Google e il suo potere pervasivo di motore delle nostre vite, senza cui in certi casi saremmo persi.
Persi.
Ma Esso esiste e ci salva il deretano in più di una occasione e dobbiamo ammettere questa verità e dire viva Google, gloria a Mr. Jhon Google oggi e sempre e abbasso i bagarini.
#sandali https://t.co/4RJ0CD4EiB https://t.co/NJsdl09iRQ sì, Porto di Mare,una fermata della metro, a Milano dove... pic.twitter.com/NQWfpdkww7
— convideo (@convideo) 5 Novembre 2015
giovedì 29 ottobre 2015
Nove 9 in Matematica
Nove in matematica, 358 in italiano, storia e geografia, contro i quasi duemila nuovi posti di musica (1.903), 1.631 di educazione artistica e 1.198 di educazione fisica!
martedì 27 ottobre 2015
domenica 25 ottobre 2015
Cavalli selvaggi nel recinto
Maestra accusata di maltrattamenti “Guarda se devo occuparmi di un bimbo con la faccia colore della merda”
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TOPICA
87. Tutto cio che muove il nostro spirito esige una espressione corrispondente nella quale trovar la sua forma. Cosi anche il risultato dell'indagine storica ha bisogno di forme di esposizione, »esposizione della ricerca e del suo risultato» nelle quali l'indagine si renda quasi conto di quel che ha voluto e di quel che ha raggiunto. [Sommario di istorica. G.G.Droysen]
il-paleolitico-superiore_(Il_Mondo_dell'Archeologia)/ |
88. Le forme dell'esposizione non sono determinate secondo l'analogia dell'epica, della lirica e della drammatica (Gervinus), nè secondo, la differenza delle »azioni della liberta umana nello Stato, determinate nel tempo e nello spazio» (Wachsmuth); nè secondo la casuale miscela di cronache, memorie, immagini della preistoria, istorie (quibus rebus agendis interfuerit is qui narret, Aulo Gellio 2), ma secondo la duplice natura del materiale d'indagine.G.G.Droysen
sabato 24 ottobre 2015
mattacchioni americani, russi, norvegesi,..
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Norvegia
56
Germania
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Federazione Russa
10
Spagna
3
Francia
3
Panamá
3
Portogallo
3
Ucraina
2
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La scuola e la strage degli innocenti [1899-1922-2015]
da Demolins a Freinet tramite (anche) Ferrière: école des roches, case di educazione di campagna, ligue internationale pour l'éducation nouvelle, nascita di una pedagogia popolare, la scuola attiva - e L-asilo-nel-bosco ?
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Assai prima della strage dei corpi io ho assistito ad un'altra strage, la strage delle anime. Molti attorno a me parevano non avvedersene; qualcuno ne aveva il presentimento; ben pochi hanno scandagliato sino al fondo l'abisso d'ignoranza e d'incomprensione che l'hanno resa possibile. Codesta strage degl'innocenti, voi l'avete indovinato, è quella che, di giorno in giorno, perpetrava la scuola; è la stessa, che, senza averne sentore o avendone ben poco, compivano e compiono tuttora i maestri. Con la coscienza e lo zelo di fedeli operai, con pazienza e con accanimento essi mutilavano, e mutilano ancora, le anime dei fanciulli.
Sistematicamente, spietatamente, con l'ausilio dello Stato e della società, sotto gli occhi dei genitori e di tutte le buone persone clie ci attorniano, la scuola prosegue la sua opera di uccisione degli spiriti. E di ciò, o madri in gramaglie, io fremo forse più che non della grande e odiosa carneficina della guerra. Esagero?
Considerate piuttosto: la guerra tronca vite umane, ma alcune languono poi si spengono, altre si drizzano ancor su, qualcuna scampa. E il tempo continua medesimamente l'opera sua: già ondeggiano i giunchi sulle buche scavate dagli obici e rinverdiscono i campi straziati dalla mitraglia e i fili di ferro spinati arrugginiscono e si riducono in polvere. Ma la scuola? Non sono soltanto cinque o dieci le vittime ch'essa colpisce ma tutte o quasi tutte. Tutte le alloggia, le domina, le piega. Di tutte s'impossessa per mesi e per anni. Dove regnava la gioia della vita essa chiama il tormento; dove trillava la gaiezza essa impone la gravità; in luogo del movimento spontaneo esige l'immobilità, in luogo dei gridi e dei sorrisi il silenzio. E così pretende si faccia allo scopo di foggiare uomini e donne degni di tal nome. Via! che è necessario nella vita? la sapienza o la ...
E allora? |
Assai prima della strage dei corpi io ho assistito ad un'altra strage, la strage delle anime. Molti attorno a me parevano non avvedersene; qualcuno ne aveva il presentimento; ben pochi hanno scandagliato sino al fondo l'abisso d'ignoranza e d'incomprensione che l'hanno resa possibile. Codesta strage degl'innocenti, voi l'avete indovinato, è quella che, di giorno in giorno, perpetrava la scuola; è la stessa, che, senza averne sentore o avendone ben poco, compivano e compiono tuttora i maestri. Con la coscienza e lo zelo di fedeli operai, con pazienza e con accanimento essi mutilavano, e mutilano ancora, le anime dei fanciulli.
Sistematicamente, spietatamente, con l'ausilio dello Stato e della società, sotto gli occhi dei genitori e di tutte le buone persone clie ci attorniano, la scuola prosegue la sua opera di uccisione degli spiriti. E di ciò, o madri in gramaglie, io fremo forse più che non della grande e odiosa carneficina della guerra. Esagero?
Considerate piuttosto: la guerra tronca vite umane, ma alcune languono poi si spengono, altre si drizzano ancor su, qualcuna scampa. E il tempo continua medesimamente l'opera sua: già ondeggiano i giunchi sulle buche scavate dagli obici e rinverdiscono i campi straziati dalla mitraglia e i fili di ferro spinati arrugginiscono e si riducono in polvere. Ma la scuola? Non sono soltanto cinque o dieci le vittime ch'essa colpisce ma tutte o quasi tutte. Tutte le alloggia, le domina, le piega. Di tutte s'impossessa per mesi e per anni. Dove regnava la gioia della vita essa chiama il tormento; dove trillava la gaiezza essa impone la gravità; in luogo del movimento spontaneo esige l'immobilità, in luogo dei gridi e dei sorrisi il silenzio. E così pretende si faccia allo scopo di foggiare uomini e donne degni di tal nome. Via! che è necessario nella vita? la sapienza o la ...
venerdì 23 ottobre 2015
E allora?
I.
LA STRAGE DEGLI INNOCENTI
Debbo cominciare con una confessione. Ricordate, lettori, al tempo della dichiarazione della guerra del 1914 e nei lunghi anni della sua durata qual fremito di pietà e di orrore ci ha tutti assaliti? Pietà per tanti innocenti spenti nel fior della vita, orrore di tutto il sangue versato, dell'immenso carnaio su cui volteggiavano i corvi, degli ospedali ove rantolavano tanti giovani poco prima ancor pieni di speranza, dei fuggitivi, degli esiliati, degli affamati, della torma dei disperati che coprivano l'Europa, sin dove poteva estendersi lo sguardo e anche al di là! Parve, allora, che una morsa ci stritolasse il petto, che una tenaglia ci serrasse la fronte: e noi piegammo, crudamente, sull'abisso della sofferenza e piangemmo, impotenti vinti.... Ma fu un attimo: ed ecco con uno slancio tornammo in noi, ci rialzammo, riguardammo in faccia la realtà brutale, rodendoci il cuore di essere rimasti immobili e inutili. E raddoppiammo le nostre energie e organizzammo soccorsi e lavorammo dì e notte per lenire le sofferenze dei prigionieri di guerra o dei bisognosi smarriti nella tormenta o per confezionare in fretta abiti. per
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i bimbi indigenti. Erano milioni e milioni di creature da sostenere, da circondare di cure, da raccogliere! Ma nondimeno, ad onta del diversivo del lavoro accanito, continuava a pesare su di noi l'indicibile sentimento di orrore: era come un incubo dal quale non riuscivamo a liberarci. E avremmo voluto risvegliarci, scuoterci, avremmo voluto poter trarre un lungo sospiro di sollievo nella certezza che tutto non era stato che un sogno, ma invano! La miseria universale era là che si affermava e s'imponeva. Tutti quegli esseri giovani e forti che avevamo visti cinque, dieci, venti anni prima giocare, correre, ridere e cantare spensieratamente erano ora stretti nella lotta senza misericordia o piombati nel fango e nella miseria. Per questo le madri li avevano messi al mondo? Per questo li avevano cullati e vezzeggiati? Per vederli gettati in faccia al Moloch della guerra dunque esse li avevano nutriti giorno per giorno, li avevano lavati e vestiti, avevano loro sorriso, avevan teso le braccia ai loro primi passi barcollanti? Per questo essi, più tardi, avevano appreso alla scuola tante cose complicate, così restie, a entrare nei piccoli cervelli ribelli? Madri, o madri che avete lavorato e penato, che avete conosciuto la gioia e l'affanno, che avete pianto e riso a vicenda e aspramente lottato per il pane quotidiano e che portando e serrando i vostri piccoli nelle braccia poteste credervi un istante le donne più fortunate del mondo; o madri, io m'inchino davanti al vostro dolore e piango con voi e mi dispero con voi. La vostra lotta contro la guerra e l'ingiustizia universale sarà la mia lotta di ogni momento: ve lo giuro.
Lettori, vi ho detto che vi avrei fatta una confessione. Eccola. Assai prima della guerra io ho provato l'identico fremito di spavento e di pietà.
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Assai prima della strage dei corpi io ho assistito ad un'altra strage, la strage delle anime. Molti attorno a me parevano non avvedersene; qualcuno ne aveva il presentimento; ben pochi hanno scandagliato sino al fondo l'abisso d'ignoranza e d'incomprensione che l'hanno resa possibile. Codesta strage degl'innocenti, voi l'avete indovinato, è quella che, di giorno in giorno, perpetrava la scuola; è la stessa, che, senza averne sentore o avendone ben poco, compivano e compiono tuttora i maestri. Con la coscienza e lo zelo di fedeli operai, con pazienza e con accanimento essi mutilavano, e mutilano ancora, le anime dei fanciulli.
Sistematicamente, spietatamente, con l'ausilio dello Stato e della società, sotto gli occhi dei genitori e di tutte le buone persone che ci attorniano, la scuola prosegue la sua opera di uccisione degli spiriti. E di ciò, o madri in gramaglie, io fremo forse più che non della grande e odiosa carneficina della guerra. Esagero?
Considerate piuttosto: la guerra tronca vite umane, ma alcune languono poi si spengono, altre si drizzano ancor su, qualcuna scampa. E il tempo continua medesimamente l'opera sua: già ondeggiano i giunchi sulle buche scavate dagli obici e rinverdiscono i campi straziati dalla mitraglia e i fili di ferro spinati arrugginiscono e si riducono in polvere. Ma la scuola? Non sono soltanto cinque o dieci le vittime ch'essa colpisce ma tutte o quasi tutte. Tutte le alloggia, le domina, le piega. Di tutte s'impossessa per mesi e per anni. Dove regnava la gioia della vita essa chiama il tormento; dove trillava la gaiezza essa impone la gravità; in luogo del movimento spontaneo esige l'immobilità, in luogo dei gridi e dei sorrisi il silenzio. E così pretende si faccia allo scopo di foggiare uomini e donne degni di tal nome. Via! che è necessario nella vita? la sapienza o la ...
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volontà? la sapienza senza la volontà o la volontà indomita che si crea il suo sapere a viva forza, quando e dove bisogna? Io dico: la volontà innanzi tutto. Finchè vi è la volontà date del sapere; a tale condizione non è mai troppo; ma se voi ne date un granello più del necessario e la volontà invece di coadiuvare si ribella, se voi la forzate, è finita: il fanciullo si stacca da voi, dalle vostre parole, persino dal vostro amore; si allontana senza ritorno ai tesori che voi volevate mettere a sua disposizione e di cui contavate farlo profittare. Oppure, ciò che è peggio, egli, sì, si sottomette, è consenziente, par tutto preso, par voglia abdicare ad ogni autonomia. Non illudetevi: lentamente, ma segretamente, la sua natura si sdoppia: voi credete avere sotto gli occhi un fanciullo e voi ne avete due; uno docile, ossequiente, umile che non è che una apparenza, un sembiante, un'immagine ipocrita; l'altro invisibile che vi sfugge, che vive la sua vita, sul quale voi non avete influenza alcuna, che si alleva da sè, dove e come può. E il giorno ch'ei vi lascia per sempre, e si chiude la porta della scuola, che nasconde ai suoi genitori tutto ciò che ha fatto o detto giocando, lo scolaro saggio è sparito; solo resta e solo se ne va per il mondo, con suo rischio e pericolo, l'altro: l'indocile, il ribelle, l'impulsivo, l'ineducato, il selvaggio. Egli sarà ciò che l'ha fatto la natura: buono o malvagio, onesto o furfante, serio o pazzo. L'eredità e l'istinto lo guideranno, non voi. Perchè è inutile che vi vantiate, o vi rammarichiate se prende una cattiva piega; non siete voi che l'avete formato; tutto al più lo avrete deformato. Famiglia o scuola, sovvenzionate o no dallo Stato o dalla Chiesa, ecco il risultato sociale della vostra misconoscenza della ragione e della salute. La scienza psicologica vi insegna quali sono le leggi della natura sana; voi le ignorate, voi le calpestate; voi fate bancarotta.
7 —
Sono ingiusto? Non dico che il vero. So bene: voi pretendete educare la ragione e predicare la salute: voi siete convinti di formare la volontà perchè domate le na-ture ribelli, perchè domate i capricci. Sono i fanciulli che si vincono da sè o siete voi che li avete obbligati con le vostre punizioni e con le vostre minacce? E quand'anco voi foste riusciti a formare qualche piccolo essere buono come un santino — e che resta tale — siete voi sicuri che codesta forma della volontà, forma tutta negativa, sia la vera? La vita non è forse per coloro che hanno una volontà positiva, conquistatrice, che si effonde in azione e si spande in energia, con un lampo nello sguardo e i polmoni dilatati per lo sforzo giocondo? Sono ingiusto? Io non accuso nessuno. Anzi, so bene quali tesori di bontà e di pazienza son racchiusi nel cuore di migliaia di educatori e so l'abnegazione dei padri e il sacrificio delle madri. Quante ne ho conosciute che venivano a chiedermi: "Come fare? Io dò ai miei piccini il mio tempo, la mia pena, la mia giornata, le mie notti, ogni mia forza, ogni mia speranza. Ma i miei piccini vivono la loro vita, s'impennano davanti alle minacce, oppongono la loro ragione alla nostra. Non comprendono che è per il loro bene. Che fare? Se imponiamo la nostra volontà è una lotta di tutti i giorni; se cediamo è peggio: divengono sfacciati e sragionano a tutto spiano ". Ecco ciò che mi hanno detto padri, madri, educatori. Ad essi tutti io ho risposto ciò che credeva giusto e vero. Ho risposto che a nulla giova in verità mortificare, imporre, forzare, ragionare e punire. Quasi sempre a codesti tentativi contro natura risponde l'insuccesso. D'altra parte cedere ai capricci è certamente il partito peggiore. E allora?
mercoledì 21 ottobre 2015
abbandono scolastico
riceviamo e volentieri pubblichiamo http://www.associazionemanes.it/newsite/index.php/l-asilo-nel-bosco
1. Lo spazio esterno come aula didattica privilegiata.
2. Una grande attenzione alla relazione, nella nostra scuola il rapporto educatore bambino è 1 a 9 e non 1 a 25 come nella scuola dell’infanzia tradizionale
3. L’esperienza diretta come principio cardine della didattica, come dice un proverbio giapponese molto caro a Bruno Munari e Gianfranco Zavalloni: ”Chi ascolta dimentica, chi vede ricorda, chi fa impara“.
4. L’importanza delle emozioni, si può vivere da adulti felicemente senza sapere i logaritmi o senza conoscere la struttura dell’atomo, non si può essere felici senza sapersi relazionare con l’altro e non sapendo amare.
5. Il gioco come veicolo didattico privilegiato e come strumento comunicativo maggiormente usato.
La Forchetta alla Piramide Cestia |
2. Una grande attenzione alla relazione, nella nostra scuola il rapporto educatore bambino è 1 a 9 e non 1 a 25 come nella scuola dell’infanzia tradizionale
3. L’esperienza diretta come principio cardine della didattica, come dice un proverbio giapponese molto caro a Bruno Munari e Gianfranco Zavalloni: ”Chi ascolta dimentica, chi vede ricorda, chi fa impara“.
4. L’importanza delle emozioni, si può vivere da adulti felicemente senza sapere i logaritmi o senza conoscere la struttura dell’atomo, non si può essere felici senza sapersi relazionare con l’altro e non sapendo amare.
5. Il gioco come veicolo didattico privilegiato e come strumento comunicativo maggiormente usato.
domenica 18 ottobre 2015
Dendi niente male
venerdì 16 ottobre 2015
il quarto quesito
sara-mica-matematica-? (sto scrivendo questo testo a commento dell'arte in oggetto)
posso dire dunque dunque che per me la matematica (a scuola) non può essere questo; anche se la mia settimana enigmistica è attiva, personalmente, non infliggerei a dei ragazzi la tortura di questioni enigmatiche...
ma, diranno i miei piccoli/grandi lettori, e se la matematica fosse proprio questa? no, la matematica è "anche" questa, ma a scuola dev'esserne solo una piccola parte.
la matematica è una scienza umana come tutte le altre, non strumento con la scusa che è un pò dovunque ad operare: e neanche vuoto racconto, intrattenimento depotenziato, daccordo; storia e vita della matematica possono stare a scuola nella disponibilità di tutti, con il privilegio di chi ne è lontano di stare in prima linea - gli altri e le salmerie seguiranno, devono seguire, senza spingere prego! per andare avanti c'è posto al tempo giusto.
la scuola delle società liberali deve fondarsi sulla eterogeneità dei fini, sulla democrazia dell'istituzione che prepara la piattaforma su cui si edifica il mondo.
ci sarà tempo per differenziare, specializzare, focalizzare i diversi percorsi; ora, qui, il sapere è tutto in uno, e uno per tutti, è la ragione sociale dell'individuo libero e sul gruppo deve poter contare per dirimere e associare..
ps.
allo Stato solo il compito di fare largo all'iniziativa e garantirle spazi insaturi di morte prematura, com'è la scuola pubblica se è statale.
giovanna ha detto...
Bentornato Sarà mica, prof!
Carini carini i tre quesiti, credo siano graditi anche ai raga :-)
Vado subito a segnalare sul nostro blog.
Il quarto quesito è valido anche per i miei alunni ;-)
grazie, buone soluzioni a tutti
g gio14 ottobre 2015 20:11
posso dire dunque dunque che per me la matematica (a scuola) non può essere questo; anche se la mia settimana enigmistica è attiva, personalmente, non infliggerei a dei ragazzi la tortura di questioni enigmatiche...
ma, diranno i miei piccoli/grandi lettori, e se la matematica fosse proprio questa? no, la matematica è "anche" questa, ma a scuola dev'esserne solo una piccola parte.
la matematica è una scienza umana come tutte le altre, non strumento con la scusa che è un pò dovunque ad operare: e neanche vuoto racconto, intrattenimento depotenziato, daccordo; storia e vita della matematica possono stare a scuola nella disponibilità di tutti, con il privilegio di chi ne è lontano di stare in prima linea - gli altri e le salmerie seguiranno, devono seguire, senza spingere prego! per andare avanti c'è posto al tempo giusto.
la scuola delle società liberali deve fondarsi sulla eterogeneità dei fini, sulla democrazia dell'istituzione che prepara la piattaforma su cui si edifica il mondo.
ci sarà tempo per differenziare, specializzare, focalizzare i diversi percorsi; ora, qui, il sapere è tutto in uno, e uno per tutti, è la ragione sociale dell'individuo libero e sul gruppo deve poter contare per dirimere e associare..
ps.
allo Stato solo il compito di fare largo all'iniziativa e garantirle spazi insaturi di morte prematura, com'è la scuola pubblica se è statale.
giovanna ha detto...
Carini carini i tre quesiti, credo siano graditi anche ai raga :-)
Vado subito a segnalare sul nostro blog.
Il quarto quesito è valido anche per i miei alunni ;-)
grazie, buone soluzioni a tutti
g
sabato 10 ottobre 2015
Scuola di stato
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Visualizzazioni di pagine per sistema operativo, cioè non sono "persone" che seguono questo blog, giusto?
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