martedì 29 novembre 2011

A nessuno gliene importa niente

Emma: "..E allora, sempre materiale da niente, a un certo punto presento uno spago. Uno spago messo a forma di rettangolo. Benissimo. A nessuno gliene importa niente, ma, appena faccio così si muove. 

Dico: «Che cosa succede del perimetro e dell’area?» Beh, il perimetro, è evidente, lo spago è sempre lo stesso, rimane uguale. E l’area?«L’area, nel passaggio da qua a qua, non può cambiare: perché come potrebbe l’area uscire da un contorno?». Il tutto ci fa pensare. La stessa cosa la dice Galileo: Galileo dice che molte persone pensano che se due piazze hanno lo stesso contorno per forza devono contenere la stessa area .Idem. Passano i secoli rimane uguale. Fino al caso limite che produce uno shock. Ma lo shock c’è stato subito. Qualcuno cui piace di più, come dire, avere i piedi sulla terra, dice: «È chiaro che non può cambiare l’area, perché l’area si trova base per altezza. Quando io, da questo, faccio così, l’altezza diminuisce la base aumenta, dunque si compensano, punto.."

lunedì 28 novembre 2011

il giocattolaio del quartiere

Sui presidii, di presidio in presidio alla fine di ogni mese - ma potrebbe anche essere l'inizio o la meta' - mio figlio ed io visitiamo con serie intenzioni (senz'altro lui) il giocattolaio del quartiere. L'ultima volta, mentre stavo sull'entrata con la sana speranza, anche questa volta, di salvarmi dallo scotto mensile, sono entrati decisi due giovanotti (giovanotti non si dice piu', si dice ragazzi).
Neppure chiedono qualcosa che gli viene porto e che sta conservato in scatole bianche 20x20 circa . Cio' che si rappresenta sono solo cenni d'intesa: si parla di "prenotazioni", di colori (meglio bianco...), pagano ed escono. Vinco l'impulso a chiedere ai ragazzi cosa hanno prenotato, pagato e ora portano via.
Lo chiedo alla cassiera a rappresentazione consumata: e' il tomagotchi, ne parla la stampa, la tv, i giornalisti telefonano per poter intervistare i giovani invaghiti, costa 25.000 lire circa, ne vendiamo 72 al giorno , cioe' tutti quelli che la casa di distribuzione ci manda quotidianamente. Il fenomeno, la storia cui si allude, la vita dei ragazzi, il lavoro di basso cabotaggio dei media, ..., mi incuriosiscono tiepidamente. Adotto come sempre la strategia dell'attesa attiva: penso che prima o poi faro' una telefonata a Frankie, che gli chiedero' cosa ne pensa, se l'ha comprato, se me ne da una sua lettura insieme appassionata e distante. Oggi, non l'ho ancora fatto, ma Delio Morgi con la sua recensione e Giusi Manara con la sua replica, grazie a un'abile azione di forward (by la.ca.b.) rimbalzano sulla posta del presidio storico sui japan cartoons, videogames e otaku, f.fare@dms.it., Frankie per l'appunto. [1994]
To be continue....
legenda: presidii

venerdì 25 novembre 2011

Bruno de Finetti, un matematico scomodo

|....ricostruendone la biografia e fingendo poi di intervistarlo su temi come la religione, l'arte, il futuro dell'umanità, la politica, i problemi del lavoro, il valore legale dei titoli di studio, la matematica, il ruolo dell'assiomatica ecc.....|
Bruno de Finetti un matematico scomodo non è soltanto una biografia della vita di de Finetti, ma soprattutto una biografia del suo pensiero e del suo porsi di fronte ai vari aspetti della società umana che vuol essere anche un’ ‘elegante’ e ‘pacifica’ protesta contro chi ha la pretesa di etichettare ogni cosa con la rigida logica del certo, scegliendo drasticamente fra vero e falso, giusto e sbagliato, destra e sinistra… ignorando le voci di chi, invece, vuol sottrarsi a quella logica. 


Dalla Prefazione:
“Una biografia che ha l’ambizione di ‘raccontare dall’interno’ (è de Finetti stesso che parla), senza retorica e ad un vasto pubblico, un Bruno de Finetti in gran parte poco noto, ponendo in evidenza i tratti fondamentali del suo pensiero così originale, acuto e anticonformista, che certamente risulteranno di conforto e d’incitamento per tutti gli uomini che vogliono ancora credere nella cultura, nella giustizia, nel dovere di contribuire, ognuno per la sua parte, alla costruzione di una società e di un futuro migliori.
La conoscenza più ravvicinata della complessa personalità umana e scientifica di de Finetti, nelle sue varie sfaccettature, può fornire a tutti seri e forti spunti di riflessione su molti temi, non soltanto culturali ma anche etici, e può essere un valido contributo a valorizzare e stimolare fra i giovani nuove vocazioni scientifiche, di cui l’Università italiana oggi patisce la crisi.

Il legante che, idealmente, tiene assieme fra loro tutte le parti dell’intervista è sostanzialmente uno: l’esaltazione della tolleranza, intesa come libertà d’espressione, conseguenza etica diretta del relativismo soggettivo di cui de Finetti fu instancabile paladino, il rifiuto di qualunque forma d’imposizione, la valorizzazione dell’intelligenza umana nel senso migliore del termine, cioè volta al conseguimento del bene collettivo, il rispetto dell’uomo e della Natura, il desiderio di conoscenza come visione da molteplici punti di vista, la valorizzazione delle capacità dell’uomo più eticamente produttive, l’apertura a nuove idee, l’umiltà che deriva dalla consapevolezza di essere infinitesimi in un mondo tanto immenso che ci piace chiamare infinito.

La rievocazione dell’infanzia e giovinezza di Bruno de Finetti è il risultato d’accurate ricerche fra lettere manoscritte, appunti inediti, quaderni di famiglia, e della lettura del lungo diario tenuto dai genitori per i primi dieci anni, il tutto corroborato e integrato da ricordi personali della figlia Fulvia. Anche le illustrazioni proposte sono costituite da una ricca iconografia inedita d’epoca: fotografie di famiglia e vignette create dal pittore Gino de Finetti, zio di Bruno, e da quest’ultimo, che fin da giovinetto amava molto disegnare. Questo materiale fornisce anche una preziosa testimonianza della società italiana d’inizio Novecento e del sottile, raffinato umorismo che accompagnò il giovane Bruno anche da adulto nei momenti più difficili.”

Dall’Introduzione Bruno de Finetti. Chi era costui di Giordano Bruno:

“Entrando nel merito del contenuto di questo volume, desidero sottolineare la capacità che hanno avuto gli autori di fornirci un ritratto affascinante di Bruno de Finetti, non tanto per averci fatto conoscere i pur interessanti e significativi accadimenti della sua vita, quanto piuttosto per essere stati in grado di disegnare l’uomo de Finetti, oltre che lo scienziato e pensatore a tutto campo, attraverso l’elegante proposizione di un’intervista postuma – di per sé impossibile – resa viceversa ‘possibile’ per il fatto che le risposte sono tratte dagli scritti dello stesso de Finetti. Opera quanto mai ardua non solo perché per cultura siamo abituati soprattutto a fornire risposte piuttosto che a porre domande, ma anche perché in sovrappiù in questo caso si è trattato di risalire da temi esposti nelle opere del maestro a delle argomentate e sensate domande che potessero generare quelle risposte. Poiché il risultato, come dicevo, è tale da farci comprendere appieno l’enorme varietà di interessi, cultura, capacità di analisi, elaborazione di proposte, straordinaria manifestazione di ‘pensiero divergente’ e ‘sistemico’ di de Finetti, in abbinamento ai suoi moti dell’animo, alle insofferenze, all’imbecillità, al coinvolgimento personale nei confronti degli irrisolti problemi dell’umanità – per la soluzione dei quali si sforzava sempre di indicare una possibile strada da seguire –, non posso che complimentarmi con gli autori per il raggiungimento del fine perseguito.”

F. de Finetti - L. Nicotra > Bruno de Finetti, un matematico scomodo Belforte ed., Livorno, 2008 pp. 295; euro 22 
 
 Si era iscritto nel 1923 al Politecnico di Milano. Studente del 3° anno, avviò una ricerca di Biologia matematica ispirata ai lavori del biologo Carlo Foà e sfociata in una pubblicazione su Metron. Nel 1925, per insistente suggerimento di Levi-Civita, passò all'appena costituito Corso di laurea in Matematica applicata di Milano.

Conseguì la laurea nel 1927, discutendo con Giulio Vivanti una tesi di Analisi vettoriale in ambito affine. Subito dopo la laurea lavorò all'Ufficio matematico dell'Istituto Centrale di Statistica e nel 1931 entrò a far parte – rimanendovi fìno al 1946 – dell'Ufficio attuariale delle Assicurazioni generali a Trieste. Conseguita la libera docenza in Analisi (1930), tenne per incarico diversi corsi universitari fra Padova e Trieste finché, costituitasi nel 1946 la Facoltà di Scienze a Trieste, si dedicò esclusivamente all'insegnamento universitario, ricoprendo la cattedra di Matematica attuariale.


Nel 1951 si trasferì sulla cattedra di Matematica finanziaria e infine, nel 1954, passò all’Università di Roma, ove (dal 1961) insegnò, fino al collocamento a riposo, Calcolo delle probabilità presso la Facoltà di Scienze. Il fatto che per lungo tempo l'attività scientifica di De Finetti si sia svolta solo "a tempo parziale" non gli impedì di crearsi, sin da giovane, una solida fama di studioso internazionalmente noto per i suoi contributi al Calcolo delle Probabilità, alla Statistica, alla Matematica finanziaria e attuariale, all'Economia e all'Analisi. Molti – quasi un terzo e fra i più significativi – degli oltre 290 suoi scritti portano una data anteriore al 1946.


Un periodo di prodigiosa attività creativa fu in particolare quello degli anni 1926-'30 in cui, pur interessandosi a tematiche varie, diede avvio a quell'impostazione soggettiva del Calcolo delle probabilità che più di ogni altra sua opera lo ha reso famoso nel mondo della cultura scientifica e filosofica. Tale riconoscimento, seguito a un lungo periodo di indifferenza o di rifiuto delle sue concezioni, si deve principalmente a LJ. Savage che, a partire dal 1951, diffuse nel mondo anglosassone quegli aspetti della teoria che riguardano soprattutto il suo impiego nei problemi dell'inferenza statistica. Un cenno a parte merita, infine, il pionieristico lavoro svolto da De Finetti nel campo del Calcolo automatico, lavoro certamente stimolato dall'esperienza maturata alle Assicurazioni Generali.


Nel 1951, dopo un viaggio in U.S.A. compiuto – insieme a Mauro Picone e Gaetano Fichera – per visitarvi e studiare i Centri di Calcolo, De Finetti fu chiamato all'I.N.A.C. per collaborare al progetto di installazione di un "calcolatore elettronico": Da questa esperienza scaturì la Nota Macchine che pensano e che fanno pensare, ricca di notizie, suggerimenti e riflessioni, dove tra l'altro è sottolineato l'interesse nei confronti dell'impiego di metodi statistici (Metodi Monte Carlo) per la risoluzione numerica di diversi problemi matematici ed è preconizzato il ricorso al calcolo simulato.


Non si può neppure dimenticare l'impegno di De Finetti nella Didattica della Matematica, testimoniato dalla pubblicazione di trattati, manuali, note didattiche e articoli divulgativi, nonché da una intensa attività organizzativa: fu Presidente della "Mathesis", Direttore del Periodico di Matematiche e fondatore a Roma di un "Club Matematico" per attivare seminari su problemi di Didattica. Socio dell'Accademia dei Lincei, fu anche membro dell'Istituto Internazionale di Statistica, Fellow dell'Institute of Mathematical Statistics e socio degli Istituti attuariali francese e svizzero.
 Necrologio: “Bollettino della UnioneMatematica Italiana”, S. VII, vol. I-A (1987), n. 2, pp. 283-308 (Luciano Daboni).

mercoledì 23 novembre 2011

VOGLIA DI PAUSA

In matematica, come in letteratura,la virgola ha la funzione di separare una parte subordinata del discorso da quella principale: nello specifico, la parte decimale da quella intera.

A volte, come in letteratura, anche in matematica si possono eliminare le virgole mediante opportune perifrasi: ad esempio, dicendo «un decimo» invece di O,l. Ma in generale la virgola non è eliminabile: venticinque secoli fa Pitagora scopri infatti, con suo grande scandalo, che esistono numeri «irrazionali», come la radice quadrata di due, che non si possono descrivere con perifrasi finite. E questi numeri, o almeno le loro parti decimali e irriducibili, costituiscono la prima apparizione dell'infinito nel pensiero filosofico e matematico, e i veri virgulti del suo giardino. Naturalmente, virgulto ha la stessa radice latina di virgola, ed entrambi significano piccola verga o ramoscello. 



In inglese la virgola si chiama invece Gomma, una parola greca che significa «ritaglio», e che in letteratura italiana sta a indicare la parte di un periodo compresa fra due virgole.Ma non c'è nessun legame, in matematica, fra le virgole italiane e quelle inglesi: mentre le prime separano le parte intere da quelle decimali, le seconde separano le migliaia,i milioni, e cosi via: in inglese si scrive infatti 1,0000 1,000,000 per ciò che in italiano si scrive 1.000 o 1.000.000. E viceversa in inglese si scrive O,l: ovvero, in inglese le virgole sono punti, e i punti virgole!

Le virgole inglesi, cosi come i punti italiani, sono dunque gli analoghi degli spazi grafici o delle pause musicali, che si inseriscono per separare in parole o frasi il flusso continuo delle lettere in un testo, o delle note in uno spartito. Ed è grazie al sistema tradizionale della matematica introdotto dai babilonesi, che si può usare un unico comma in inglese, o un unico punto in italiano, per indicare un numero infinito di separazioni tra migliaia, migliaia di migliaia, e cosi via.

Nel sistema additivo musicale, analogo a quello matematico romano, si richiedono invece tipi diverse di pause per ogni durata canonica: e infatti ce ne sono otto, che vanno dalla breve alla semibiscroma.In logica, più che le virgole sono importanti le virgolette.

Usandole ad arte è possibile distinguere fra uso e menzione, cioè fra aspetti letterali e metaforici:ad esempio, notando che un mononosillabo consiste di un'unica sillaba,ma "un monosillabo" di sei. Ed evitarle non è possibile, se si vuole andar oltre i discorsi confusi.

Evitare le virgole invece è possibile, adottando i codici senza virgole introdotti per la prima volta da Huffmann nel 1952, e oggi comunemente usati in informatica nella compressione dei dati. Per qualche tempo si pensò che lo stesso Dna fosse uno di questi codici, ma poi si scopri che non era cosi: evidentemente, la Natura ama la virgole, come dimostra anche il fatto che abbia inventato un bacillus comma,o bacillo virgola. E allora possiamo amarle anche noi.

Emma Castelnuovo e il lavoro sui materiali a Cenci [foto-report Brunelli]
IN MATEMATICA C'È UNA DIFFERENZA FRA VIRGOLE ITALIANE E INGLESI:
COSI LE SCIENZE ESATTE SCOPRIRONO LA VOGLIA DI PAUSA

venerdì 11 novembre 2011

Altri Bambini

Fabio Brunelli/Corrado Costa/Elsa Morante_Il mondo salvato dai ragazzini Veggo dall’alto fiammeggiar le stelle
[RMR. Elegie Duinesi]

giovedì 10 novembre 2011

To be continue: il lungo percorso

[segue AUTOMA-AZIONE] il lungo percorso, partito dalla pantomima e dal gioco dei ruoli per approdare al ragionamento matematico prima sull’ordinamento a poi sulla proporzione tra misure, è staro caratterizzato da attività motoria per la drammatizzazione e attività grafico-pittorica per la realizzazione dei cartelloni, dei disegni e di un libretto che ha raccolto tutti i lavori individuali. Di seguito riporto uno stralcio particolarmente significativo del percorso.
10 novembre 2011

La sagoma di Babbo Orso grosso grosso è stata realizzata dai bambini delineando il contomo dì uno di loro steso su un grosso foglio di carta staccato da un rotolo di sottoparato.
Il compito successivo è la realizzazione della sagoma di Mamma Orsa. 
Maestra: Come possiamo fare a essere sicuri che la sagoma di Mamma Orsa sia la metà di quella di Babbo Orso?  
Francesca: Se spacchi Babbo Orso viene la metà e fai Mamma Orsa; se spacchi Mamma. Orsa viene la metà e fai il piccoletto; se spacchi il piccoletto viene la metà.., però per spaccare il piccoletto ci vogliono le manì soffici!

Maestra

Maestra: Ma che significa spaccare a metà?
Apro un pacchctto di crackers e faccio una serie di prove staccando dci pezzi. ..

Maestra: Così va bene?
Antonio: No, è piccolo (riferendosi al pezzo chc ho staccato)
Francesca: No, perché devono essere uguali
Maestra:
Maestra: Dove devo spaccare per fare la metà?
Mentre Antonio mi indica il tratteggio al centro del biscotto.,.
Vittoria: Al centro! 
Per essere certa di svolgere attività significative per lo sviluppo dell’intelligenza critica del bambino, mi aggancio a elementi che appartengono già al suo vissuto, in tal modo l’apprendimento, prima sociale e poi individuale, viene generato dall’elaborazione attiva, dalla comprensione, confronto, valutazione e interazione di più fonti di informazione.
Una parte dei bambini propone di tagliare a metà Babbo Orso. 
Francesca: A noi dispiace ramperlo!!
Maestra: Possiamo trovare la metà senza tagliare Babbo Orso?
Vittoria: Dobbiamo misurare come ha fatto mio padre che ha misurato la cucina dei nonno
Maestra: Come ha fatto?
Vittoria: Ha. misurato... Forse con le mani (Non si è resa conto che probabilmente il padre avesse un metro)
Maestra: Ok, misuriamo con le mani 
Dopo molti tentativi i bambini scoprono che con le mani non si riesce a misurare: le mani si muovono e loro non riescono a coniare le manate, sono troppe, si dimenticano a quanto sono arrivati ... E troppo difficile!!! 
Francesca: Ci vuole una cosa che non si muove 
Propongo di utilizzare i pennarelli, così alla fine Babbo Orso misura 8 pennarelli di altezza, Mamma Orsa dovrà misurare la metà. 
Giovanni inizia a disporre i peonarelli uno dietro l’altro e al quarto pennarello... 
Checco: Basta così, sei arrivato alla metà 
Probabilmente qui Checco sì riconduce all’esperienza fatta con i crackers.
Maestra: Ouanti sono la metà dei pennarelli?
Vittoria: 6
Francesca: No.
Maestra:
Maestra: Guarda e tocca quando conti gli oggetti
Vittoria: Sono 4. Ma nessun bimbo misura 4 pennarelli, come facciamo a fare la sagoma di Mamma Orsa?
Maestra;
Maestra; Prima di fare la sagoma dì Mamma Orsa dobbiamo essere sicuri che 4 è la metà di 8, come possiamo controllare?
Vittoria: Li mettiamo vicino così (Propone di fare una corrispondenza) 


[to be continue?]

Automa-azione

In sostanza, è il modello cino-giapponese di stalag per la scuola, modello universale di società autoritarie, non-liberali - efficentiste. In italia...
Piccoli robot crescono
ovvero, il grottesco come key chiave di lettura di una Esperienza di ricerca-azione per lo sviluppo dell'intelligenza critica
[zoomate sulle immagini per leggere bene]
10 novembre 2011

L'ipotesi che un pensiero proporzionale sia presente in bambini di 4 anni, può sembrare ardita; tuttavia le mie esperienze di ricerca-azione mi inducono a formularla e a riconoscerne le radici psicologiche in una sorta di “bisogno di equità”, che è quel bisogno di giustizia e di libertà su cui ognuno — e i bambini in particolare — fonda le radici delle proprie certezze.

 Da qui nasce il “costrutto di equità’” che è appunto la costruzione empirica, legata al bisogno, della relazione tra due variabili, dove al mutare dell’una muta per riflesso anche l’altra
 (E' giusto che la tazza di Babbo Orso si.a più grande di quella dell’Orsetto perché Babbo Orso è più grande).

D’altra parte, secondo Hawkins, l’attitudine a trovare strutture per dominare la complessità dell’esperienza con il pensiero è connaturata alla natura umana; esercitata fin dalla prima infanzia, è perfezionata e resa più potente con la formalizzazione matematica. Se si assume questo punto di vista si può immaginare che la “proporzionalità diretta”, prima dì formalizzarsi come struttura numerica, rappresenti una stralegia cognitiva naturalmente messa in atto dai bambini per interpretare, organizzare, analizzare, rappresentare e dare senso a quanto accade sotto i loro occhi.

 Tra le tante 
evidenze sperimentali raccolte negli anni, particolarmente significativa mi sembra l’attività che nasce dalla lettura della fiaba “Riccidoro e i tre orsi” che qui voglio condividere.
Leggo la storia nella mia classe di 18 bambini di 4 anni, accompagnando il linguaggio verbale a quello mimico-gestuale in modo tale che da questa attività scaturisca facilmente una pantomima, in cui ogni bambino possa mimare e drammatizzare i ruoli di tutti i personaggi, modulando anche il tono della voce a seconda della grandezza! personaggio da rappresentare; Babbo Orso grosso grosso, con una voce grossa grossa; Mamma Orsa grossa la metà, con una “oce grossa la metà (Rosatia; Cioè noonale”) e l’Orsctto piccolo piccolo, quanto la metà di Mamma Orsa, con una voce piccola piccola. 
Adotto queste strategie proprio perché sono convinta del fatto che comprensione e motivazione siano strettamente legate a situazioni di apprendimento attivo; lo sforzo cognitivo richiesto non solo deve essere consono alle effettive capacità mentali del bambino ma deve essere risonante con i suoi bisogni, così da stimolare emozioni positive legate all’esperienza che sta facendo. L'ambiente adatto è quello di tipo socio-costruttivo descritto da Barlolini Bussi (2008). 

[to be continue]

mercoledì 9 novembre 2011

Report. La tipografia a scuola


"Vi è un unico rischio serio, quello di vivere la rivoluzione digitale
in modo meramente strumentale e tecnologico.
L'autentica cultura informatica è invece quella
che sa riconoscere la componente procedurale,
algoritmica, strutturale in ogni attività e disciplina,
come una componente irriducibile ad altri paradigmi conoscitivi."


la cultura informatica- Furio Honsell 


Nell’ambito della pedagogia frenetiana, adottata dal MCE, la differenziazione tra tecniche e metodi è di vitale importanza ; tale differenziazione viene sottolineata da Bruno Ciari il quale afferma che essendo il metodo una realtà chiusa in se stessa, che non consente quell’apertura dinamica necessaria per l’attuazione di una pedagogia popolare, non risponde alle esigenze di una scuola che deve tenere conto dello stretto rapporto esistente con la società e le sue innumerevoli sfumature; ciò che invece rispetta i sempre diversi bisogni sociali è la tecnica. 

La tecnica, grazie alla sua flessibilità, ha la caratteristica sia di aderire alla realtà quotidiana del bambino sia di essere funzionale alla realtà sociale ; ma la caratteristica che differenzia in modo totale le tecniche dai metodi è la loro funzione sociale; infatti nelle tecniche usate dal MCE si attuano una serie di valori umani quali l’autonomia , il senso critica e il senso di responsabilità, che il bambino non ha naturalmente, ma che possono essere assimilati mediante la realizzazione di rapporti sociali ; tali tecniche hanno come valore implicito quello della democrazia ; una scuola è democratica nel momento in cui rispetti le individualità (la conoscenza profonda delle potenzialità, dei limiti e dei bisogni del bambino è il punto di partenza della didattica MCE) e liberi l’intelligenza. 

Quindi una scuola che adotti le tecniche di vita e che per questo si dice popolare deve, come primo scopo, liberare intellettualmente e socialmente il bambino allontanandolo il più possibile dal conformismo e l’omologazione sociale. 

[L’approccio pedagogico elaborato da Freinet è caratterizzato dall’attuazione di una serie di strumenti chiamati tecniche di vita che sono : la tipografia, il testo libero, lo schedario vivente e la corrispondenza interscolastica.]

martedì 8 novembre 2011

la prof.Castelnuovo e l’imprimerie à l’école

La tipografia a scuola è la Tecnica Freinet che più ha caratterizzato l'insegnamento del maestro francese (e dei suoi compagni di strada), ma a nessuno venga in mente che questo sia parte di un metodo, di un sistema che Celestin Freinet mette a punto e  rende così disponibile ad un uso generalizzato.

L'esperienza di Freinet, e di Emma Castelnuovo, indica una direzione che dice ben altro: i cosiddetti metodi  dei normalizzatori, sono per la formazione umana  gabbie inaccettabili in una società aperta, democratica e liberale - cioè fondata sull'individuo e la sua determinazione individuale.

La sostanza del grande magistero di questi nostri maestri sta  in una scelta squisitamente politica, partire dalle difficoltà, dalle diverse abilità, dal dialogo con tutti nella scuola di tutti.
Nessuna "didattica" a semplificare la complessità dei problemi che pone un rapporto democratico in società profondamente segnate dalle disuguaglianze: a cominciare dalle attività scolastiche aperte della scuola di massa.


Allora ecco il punto: Freinet e Castelnuovo se cominciassero oggi costruirebbero il loro magistero sulle reti sul digitale sulle concrete disponibilità della società globale [op.cit. vedi:  my phrasebook voice]: non si chiuderebbero nel sistema scolastico (quello  intenderci, che produce l'analfabetismo sostanziale de  il 68,2% della popolazione, pari a 39.146.400 unità).

Le agenzie dell'apprendimento, con valenze fortemente formative, sono ormai ben diffuse in tutte le articolazioni della società, là vanno individuate e riprese.

Emma e Freinet hanno lavorato sempre alla dissoluzione della scuola, un pò come Franco Basaglia fondò il suo impagabile lavoro sulla chiusura preliminare dei manicomi di contenzione.

En combinant expression et communication, Freinet avait sans doute fixé la trame de la vie scolaire et de la vie tout court.


lunedì 7 novembre 2011

Censimenti e/o Asini

Vorrei alludere al lavoro che insegnanti di vaglia in questi trenta anni hanno svolto nelle scuole italiane.
Lavoro, come si vede confrontando le date 981-011, completamente inutile: diciamo vano?
Per vari motivi, ma già ben evidenti nella impostazione originale (vedi Marcella Bacigalupi del 1979!) 

anno zero Censimento e viaggio a dorso d'asino:A passo d’asino ci vogliono quattro giorni per attraversare la verde pianura..
 [http://www.collevalenza.it/Pres0013.htm]


1981 Censimento e asini 
[2011/10/2011-riepiloghi-decennali.html]


2011 Altri asini  
 il 68,2% della popolazione, pari a 39.146.400 unità
[2011/11/allarmi-siam-turisti.html]



La contestazione radicale di Emma Castelnuovo al sistema scuola è andata persa, diluita in una serie di emulazioni che perdevano, e perdono tuttora, man mano la sostanza del suo lavoro scolastico di confutazione attiva di ogni routine, per quanto virtuosa. La scuola ha recepito i suoi "programmi", accettato i suoi libri, assunto spesso delle sue pratiche (anche nei corsi di aggiornamento laboratoriali), ma non ha fatto sua la lezione di rottura del compromesso sociale di separazione del lavoro d'élite dal lavoro di massa - ora che la globalizzazione ed il digitale richiederebbero delle scelte radicali.
Cito:
"Alla fine del liceo, ad  esempio, si è arrivati a studiare derivate e integrali e altre operazioni matematiche complesse ma se non si fanno professioni collegate a statistica o economia, se non si è bancari, commercialisti o ingegneri che ne rimane in età adulta? Nozioni, se va bene, da terza media. "
I grotteschi programmi - e le pratiche di lavoro scolastico - sono pensati e praticati tuttora da chi pensa che l'Italia abbia bisogno di più ingegneri/tecnici e meno di letterati/comunicatori senza pro-porsi neanche la questione delle due culture di cinquantanni fa!! |*
E non dico della cultura di rete e del digitale, che vengono degradate per ignoranza a questioni puramente tecnologiche e speciali.

Domanda diretta: trent'anni e la scuola non incide sulla formazione della gran maggioranza degli italiani, è un caso?

*| Federico Pelizzi:
http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iv-2/pellizzi.htm
«Bibliotime», anno IV, numero 2 (luglio 2001)

All'Armi, siam turisti!

 il professor Saverio Avveduto,mi ha fatto pervenire un dossier di testi, corredati da dati e statistiche, sia suoi che di Tullio De Mauro, già ministro della Pubblica istruzione, sullo Stato del nostro panorama educativo. Val la pena di cogliere, non fior da fiore, ma da rovo a rovo, alcuni gangli spinosi del nostro sistema.
ll dato più sconfortante è la distanza abissale tra le oasi di alto sapere (che comprendono premi Nobel e grandi chirurghi, scienziati e letterati, ricercatori industriali con tesi a livello internazionale) e i vasti deserti di una popolazione priva delle conoscenze essenziali per orientarsi nella complessità del mondo d’oggi. Da una scheda dell’Ocse risulta che nella classifica sulla condizione educativa (tale da permettere all’individuo di capire il titolo di un giornale,un semplice questionario, un pubblico avviso) l’italia occupa il penultimo posto fra una trentina di paesi industrializzati, seguita solo dal Portogallo A questa situazione soggiace il 68,2% della popolazione, pari a 39.146.400 unità, una cifra da paura che necessita, peraltro, di una spiegazione. Essa comprende, infatti, gli analfabeti totali, i cittadini privi di qualsiasi titolo di studio ma anche quelli che hanno ottenuto la licenza elementare e quella media inferiore.
La valutazione di questo assieme che scardina il significato dei parametri dell’lstat (l’istituto qualifica come analfabeti solo coloro che si autodefiniscono tali, senza nessuna verifica obbiettiva sulla validità dell’autodichiarazione) si basa, come ricorda Tullio De Mauro nel saggio intervista La cultura degli italiani a cura di Francesco Erbani, ed. Laterza), su una regola che gli studiosi di pedagogia sperimentale chiamano del "meno cinque”.
Secondo questo principio in età adulta regrediamo di cinque anni rispetto ai livelli massimi delle competenze cui siamo giunti nell’istruzione scolastica formale. 
  • Alla fine del liceo, ad  esempio, si è arrivati a studiare derivate e integrali e altre operazioni matematiche complesse ma se non si fanno professioni collegate a statistica o economia, se non si è bancari, commercialisti o ingegneri che ne rimane in età adulta? Nozioni, se va bene, da terza media. 
  • Ma non è solo la matematica a subire il meno cinque. Quanti hanno studiato il greco al liceo e poi, in età adulta, guardano una pagina di greco come se fosse scritta in ideogrammi cinesi? 
Avveduto ha perciò suggerito di considerare regrediti di cinque anni in materia di competenze alfabetiche tutti quelli chehanno soltanto la licenza elementare. Cinque meno cinque fa zero. 
Chi ha la sola licenza elementare, tolto chi esercita particolari mestieri che lo portino a leggere e scrivere,come ad esempio i tipografi, in età adulta torna in condizioni di analfabetismo, Gli analfabeti effettivi, secondo Avveduto, sono da stimare a un terzo della popolazione e sfiorano i venti milioni. Una cifra assai lontana da quel 1% che alla domanda scritta dell’Istat ha il coraggio di rispondere sinceramente di “non sapere né leggere né scrivere". 
Se riflettiamo su questo dato assai più reale delle statistiche ufficiali ci si rende conto di quanto incida la pochezza culturale e il basso livello del capitale umano.

nota.1
 Impressiona in proposito la classifica Ocse sugli investimenti in conoscenza: tra i sei ultimi Paesi figurano Portogallo, Grecia, Italia (terzultima), Irlanda e Spagna. Gli stessi messi sotto sorveglianza da Fmi e Ue  per l'indebitamento schiacciante e l’incapacità di farvi fronte. 

nota.2
Eppure non c’è segno di resipiscenza che indichi una qualche attenzione alla cultura. indicative e inedite sono in proposito le ore dei programmi culturali sui vari canali (fonte Istat): 
Rai Uno ore/anno 4,3%, Rai Due 10,6%, RaiTre 13,2%,La7 20,3%, Canale 5 0,3%, Italia 1 0%, Rete4 1,9%. Per quanto riguarda a radio le risultanze sono simili, tranne che per Rai Tre che risena il 32,8% delle sue ore al sapere degli ascoltatori. Le sia dato merito.

domenica 6 novembre 2011

lo spazio dei libri

Si può leggere cercando con Google fusionismo olistico.
RE-CACHE http://www.treccani.it/scuola/dossier/2011/informatica_scuola/barra.pdf

Nella scuola il protagonista è la noia. L'innaturalezza e l'estraneità fanno da spalla.
La consegna, che non coinvolge e crea quel distacco che può alienare e annientare,
è il copione. Il significato è vago: abbi fede!
Altrove, gli immigrati digitali assistono inutilmente ad uno spettacolo analogo:
li stupiscono i nativi digitali, alieni di un mondo dove si apprende in modo spontaneo,
induttivo e deduttivo, smanettando fra tentativi, errori e deduzioni e scivolando fra
immagini colorate, emozionanti e dinamiche, che condividono e rielaborano: creando.
Altrove:
- K.R. Popper: dietro ogni induzione c'è la deduzione!
- ... forse ... qualche volta, ... forse operano insieme, ... e gli animali ... , il bimbo?
- K.R. Popper: L'induzione non è scienza perché non si può falsificare il probabile!
- ... quello che Lei dice è scienza? ...
- L.S. Vygotskij: in primo piano c'è il linguaggio!
- ... il bimbo continua a guardarsi intorno e scopre il mondo.
Lo aiuta la bellezza e l'amore negli occhi della madre: corrucciati o sorridenti.
- una cosa bella, è meno bella soltanto a parole, senza immagini, reali o mentali.
- P.A. Florenskij:2 ... Quegli aspetti e quelle particolarità della vita che vengono
fissati attraverso simboli logici nella filosofia e nella scienza trovano nell'arte
1
DGS è l'acronimo di Dynamic Geometry Software (DGS). Problemi delle rivoluzioni in atto e
ricerca di soluzioni. Importanza sociale e aspetti didattici dei Dynamic Geometry Software (DGS).
Sviluppo della creatività. Il pensiero di alcuni grandi maestri. Il Fusionismo olistico, è un articolo sui DGS pieno di considerazioni e indicazioni dei grandi della cultura. Si può leggere cercando con Google fusionismo olistico. Per non ripetermi troppo, rimando chi vuole a questo articolo.
2
Pavel Aleksandrovič Florenskij, Lo spazio e il tempo nell'arte, a cura di N. Misler, Adelphi, 1995,
vedi: http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=102158


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