workshop: il testo oscuro quanto basti
A principiare dalla «santità della famiglia», che da cantarne le laudi e letàne eterne mai ti bastavano i più dilicati adiettivi, nomi, verbi, sorrisi, dentifrici. Cui s’adiungessino gargarizzi infiniti, e tremori, e rossori, e scodinzolamenti e sculettamenti e basci, con profonda e interior commozione de le budella, catarri, broda, cacca e soffianasi. Nulla mi è più caro della famiglia (che non ho): ma la verità va proferita anche incontro a famiglia.
L’io collettivo è guidato ad autodeterminarsi e ad esprimer sé molto più da gli istinti o libidini vitali, (che sono le fasi acquisite e le arcaiche e di già compendiate del divenire), cioè in definitiva da Eros, che non da ragione o da ragionata conoscenza (che d’è la fase in atto, o futura che tu te ne fabbrichi). Questo non ovunque, non sempre, ma di certo ove la gora del divenire si ristagna: e dove s’impaluda nelle sue giacenze morte la storia, e la «evoluzione» del costume. Ché te t’hai a ritenere un prencipio: gli impulsi creatori e determinatori di storia grossa e’ si immettono in nel miracolato suo deflusso per «quanti di energia», e non già in un apporto continovo. La storia grossa conosce le sue paludi, le more de’ sua processi, i ritorni, i riboboli inani, le stanche pause. Dovendo dire ne’ termini dell’algebra, dirò che l’impulso storico ed etico di storia grossa non è una funzione continua del vivere ossia del manicare e del defecare degli òmini. Si dinotano nella discesa storica le determinate e partite immissioni di contenuto, alterne a periochi morti o stanchi, debili o nulli. Così nel fiume reale vi discendono i sua fiumi influenti, ma l’uno appresso all’altro, e distinto ognuno per propia foce dal precedente, e seguente: duo Dore, Sesia, Ticino, e l’Adda e l’Oglio, e ’l Mincio: e Stura, e Bormida con Tànaro, e Trebbia.In codesti lachi di storia grossa, dove non è chiamata del futuro, ivi Eros ammolla, e più facilmente infracida e bestialmente gavazza. Si credendo andare; e sta. E bada: non significo nel nome di Eros una pratica e spicciola e dirò comune dissolutezza e del dire e del fare, che le qualche volte ha funzione purgativa, o limitativa di bugia maggiore, o dirompente gli apodittici vincoli del gran castello de le bubbole (Plauto, Boccaccio: et similes). Che no, che no. Vo’ intendere tutt’al contrario la sicinnide, e l’orgia bacchica di tutti i sussulti affettivi non mediati: quando il modo ne venga recato a canone, a paradigma e a sistema di vita.
(Prosunzione di dementi e di malfrullate: asini che si credano Mosé: facili affetti, facili parole, bona intenzione che non la costa nulla, subita avidità degli onori e de’ guadagni cavandoli del sangue fraterno; spedienti criminali da indorar la vulva alla ganza o da magnificare per marmora i’ ppropio cesso: fede [finta] in ne’ vangeli contradditorî l’un dell’altro: libidini travestite di patria: fingere il non avvenuto e il non a venire col farne mimo in asfalto e balletto di Via Culiseo e gabellare velleità per voluntà, e prurigine e inane sogno per opera perfetta: e berci, e trombe, e ragli: e spari di cannone voto di nave Puglia da tenere addietro i’ ttudesco, e lo schiavo.)
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