sabato 22 ottobre 2016

Come Emma

#coderdojo al campidoglio
  https://coderdojo.com/
http://emmacastelnuovo.blogspot.it/2015/09/coderdojo-lista-della-spesa.html

















venerdì 16 settembre 2016

Eugenia Cheng

          Un giorno Eugenia Cheng era in classe e stava illustrando un teorema matematico. Per spiegarlo in maniera semplice ai suoi alunni ha usato come metafora una... 
nel 2015 dal titolo “How to Bake Pi: An Edible Exploration of the Mathematics of Mathematics”, che ora è arrivato in Italia con la traduzione “Biscotti e radici quadrate: lezioni di matematica e pasticceria


mercoledì 4 maggio 2016

i disastri dell'utopica società armoniosa

Negli anni 70 mi interrogavo sulla scuola con l'insegnamento della matematica (oggi sul conflitto sociale, i disastri dell'utopica società armoniosa, la concorrenza tra scuole, l'eliminazione della certificazione dello stato e l'eliminazione del valore legale dei titoli di studio)
La verità è che la valutazione ha un effetto performativo in sé, che prescinde dall’impalpabilità dei suoi contenuti e metodi, e mira a rafforzare in modo analitico quella forma di controllo che è la costruzione di una soggettività individuale attraverso gli strumenti del calcolo e dell’inquadramento statistico, come il Foucault critico delle politiche neoliberali ci ha insegnato. Non va infatti sottovalutata l’economia morale implicita nei processi di misurazione di precisione, che isola i devoti del culto rigoroso della misurazione in una torre d’avorio impermeabile ai criteri empirico-sperimentali della revisione, falsificazione, correzione, e soprattutto a ogni riferimento alla costituzione della società in dominanti e dominati, e alla critica dell’ingiustizia che permea l’ordine sociale. In modo esemplare, gli adepti al culto della misurazione sono incapaci di comprendere che quelle procedure che contribuiscono a implementare sono le stesse che producono la precarizzazione del figlio o il licenziamento del vicino di casa ultracinquantenne, dalle loro anime belle percepite come ingiustizia. Fanti

[Claudia Fanti] L’eterno ritorno della valutazione

La valutazione senza qualità | di Girolamo De Michele ( Il Manifesto) 
Scuola. L'invalsi e la sua governance attraverso numeri e dati statistici. C’è anche un aspetto morale nei processi di misurazione: costruiscono una torre d’avorio impermeabile alle critiche dell’ingiustizia


Fra il bonus premiale e test Invalsi, insegnanti e studenti sono di nuovo alle prese con l’eterno ritorno della valutazione: un oggetto dal discutibile valore epistemologico, la cui necessità viene affermata a prescindere, benché non si riesca a definire cosa e come debba essere valutato in modo credibile. Emblematiche le perplessità che la stessa Fondazione Agnelli ammette (nel suo Rapporto 2014 La valutazione della scuola) sulla valutazione individuale dei docenti, che presenta problemi di ardua soluzione dal punto di vista del metodo (come isolare il contributo del singolo all’interno di un’attività collegiale) e dell’etica (isolando e differenziando le singolarità, la valutazione nuoce alla collegialità e favorisce il disincanto del singolo), per non parlare dei dubbi più tecnici sulla valutazione da parte degli studenti e su quella ispettiva (che richiederebbe un numero di ispettori talmente alto – e costoso – da riproporre il paradosso borgesiano della mappa e del territorio). Lo stesso rapporto riconosce che della valutazione si potrebbe fare a meno: in presenza di un efficiente sistema di reclutamento dei docenti «possono bastare qualità professionale, deontologia e il controllo dei colleghi a fare funzionare bene le scuole».
Nondimeno, le carenze della scuola italiana richiederebbero la valutazione per far emergere «punti di forza e di debolezza del sistema scolastico»: invece di puntare su un reclutamento di qualità (magari rispettoso della dignità e professionalità dei docenti), si afferma la necessità di uno strumento discutibile e poco funzionale, che peraltro non incide sull’ingresso dei docenti nel sistema, e in definitiva contribuisce a mantenere quel cattivo equilibrio di «poche luci e molte ombre» la cui valutazione dovrebbe fornire la cura.
Una capriola priva di grazia, accompagnata, nella produzione di documenti ministeriali, da emblematici slittamenti semantici che sostituiscono a «valutazione» termini più accattivanti sintagmi, dal «monitoraggio di carattere regolativo» (Cerini) al «posizionamento argomentato in relazione ai dati» (Davoli).
La verità è che la valutazione ha un effetto performativo in sé, che prescinde dall’impalpabilità dei suoi contenuti e metodi, e mira a rafforzare in modo analitico quella forma di controllo che è la costruzione di una soggettività individuale attraverso gli strumenti del calcolo e dell’inquadramento statistico, come il Foucault critico delle politiche neoliberali ci ha insegnato. Non va infatti sottovalutata l’economia morale implicita nei processi di misurazione di precisione, che isola i devoti del culto rigoroso della misurazione in una torre d’avorio impermeabile ai criteri empirico-sperimentali della revisione, falsificazione, correzione, e soprattutto a ogni riferimento alla costituzione della società in dominanti e dominati, e alla critica dell’ingiustizia che permea l’ordine sociale. In modo esemplare, gli adepti al culto della misurazione sono incapaci di comprendere che quelle procedure che contribuiscono a implementare sono le stesse che producono la precarizzazione del figlio o il licenziamento del vicino di casa ultracinquantenne, dalle loro anime belle percepite come ingiustizia.
La valutazione si inserisce in quel campo degli «investimenti in forme» (Laurent Thévenant) che assumono ipso facto un’autorità che non può essere messa in discussione, in nome della quale coordinano l’azione delle collettività, dopo averla spogliata di ogni valenza politica e averla transustanziata in procedure tecniche i cui elementi-chiave eccedono la capacità di critica del singolo; trasformano l’autonomia dell’individuo in una forma di autocontrollo; minano la possibilità di un’azione collettiva comunicativa e critica contro le esperienze di ingiustizia sociale, erodendo la stessa ragione sociale della cooperazione. In definitiva, si realizza una governance attraverso i numeri con la quale è inibita la possibilità che un individuo possa ricondurre la propria esperienza singolare a criteri generali – vale a dire, è lobotomizzata la stessa capacità di ricondurre il particolare al generale, l’effetto alla causa che è l’attività propria della ragione.
1958. il sociologo inglese Michael Young lo usò nel suo saggio Rise of Meritocracy. Ma, sorpresa, il significato che Young gli dette non era affatto positivo. Tutto il contrario, perché nella società distopica che si inventò l'inglese per dimostrare le sue teorie, la meritocrazia era la giustificazione ideologica di una società sostanzialmente divisa in caste, basata su una profonda ingiustizia e sulla marginalizzazione totale delle classi subalterne.

mercoledì 20 aprile 2016

Una modesta proposta

http://apedario.blogspot.it/2016/04/lettera-aperta-agli-editori-di.html

Se vogliamo davvero che i bambini, tutti i bambini, abbiano il diritto di riempirsi occhi e mente di immagini e testi d'autore, io credo che ci sia un solo modo: naturalmente non ho la più pallida idea di come funzioni la cessione dei diritti, ma bisogna che le case editrici, non le scolastiche, ma quelle che pubblicano gli albi illustrati che uso quotidianamente con i miei bambini (Topipittori, Babalibri, Lapis, La Margherita, Orecchio Acerbo, Zoolibri e tante altre), mettano a disposizione testi e immagini di quanto pubblicato in questi anni, perché si possa finalmente realizzare un libro di lettura da poter utilizzare e proporre senza imbarazzo, ma con la consapevolezza che si stia offrendo ai bambini (e ai loro maestri) quanto di meglio possibile.
Una modesta proposta

una gran donna

https://matematicandoinsieme.wordpress.com/2016/04/13/ricordo-di-emma-castelnuovo-2/

giovedì 7 aprile 2016

Maestre maestri


in-classe-con-la-maestra-linda-ierardi/

"Dare la giusta importanza e il giusto rilievo ai risultati ottenuti guardando agli step conquistati da ogni singolo...
Posted by Roberto Maragliano on Wednesday, April 6, 2016

sabato 19 marzo 2016

Alvi. Professore alle medie.

GIOVA FORSE TALORA PENSARSI ALTRIMENTI: FINGERSI IN UN'AULA Professore alle medie. Davanti ragazzini vestiti di nero, che seduti mormorano ai loro cellulari distratti, rimemorando video-giochi o rapidi erotismi. Guarderei gli orologi di alcuni, deducendone che trovano al risveglio sui loro comodini una paghetta esentasse che supera lo stipendio quotidiano che il mi-nistero paga agli insegnanti. Tra file di capelli diritti spierei gli altri, più poveri. Tutti però a parlare tra loro. Meglio così; temerei il loro silenzio. Ma che dire? Parlerei di pugilato, dei film di Bergman, di conchiglie o di quel tal Luke Howard, farmacista e medico, che nel 1803 si dedicò alla mite stravaganza di catalogare le nuvole. Direi formativa la spiegazione della differenza tra i cirri, i cumuli e i nembi. Soprattutto varierei tono: ricercherei prima quello epico, poi quello comico, infine il tragico. Con certezza, li deluderei. Ne sarei ben presto deriso. Ma tenendo al mio stipendio dovrei restare li; forse m'abituerei. Avrei la scusa del programma da recitare. Educarli a che? A dissentire da un'epoca subumana? Sarebbe un male, l'inasprirebbe, indebolendoli. Educarli alle piccole cose che diano loro forze di fede e bellezza? Preside e consigli scolastici mi richiamerebbero al programma. Scassinare con loro per fini venali un sito Internet? Finiremmo in prigione. Adattarmi al programmi e insegnargli qualcosa di utile a trovarsi un buon lavoro? Ma di ciò í professori sanno assai poco, altrimenti l'userebbero per sé, cambiando lavoro. In conclusione la condizione d'un professore è disperata. Quello che egli sa, se lo sa, serve a poco. Non c'è salumiere del Riminese che, leggiucchiando, ormai non lucri in Borsa due stipendi in più al mese. Il mondo è ormai una specie di Enalotto ad aria condizionata, in cui tutto gira troppo in fretta, peché sia concesso d'educare alla calma. La scuola è come Viri, destinata alla liquidazione. Un computer, qualche soldo agli orridi corsi a pagamento personalizzati e s'ottiene già ora un pezzo di carta. Meno pene e miglior risultato. E alla fine minori umiliazioni per tutti. Perciò dissento dall'idea di fare gli esami ai professori. In questa scuola sarebbero un'altra commedia. Il ministero vive nel mondo di Henver Hoxhae, la riforma è grottesca, tampona le falle d'una nave di ferro arrugginita. Saltatene via. Come? Temo che per chi voglia davvero insegnare ci sia solo una soluzione libertaria: abolire il ministero, e il valore legale del titolo di studio. Farsi le scuole da soli.


venerdì 11 marzo 2016

il testo e il libro


Se tornassi indietro, ab initio ((lat.) (dir.) dal principio.), terrei il Ferrauto come testo, non come libro ma come...
Posted by Orazio Converso on Friday, March 11, 2016

domenica 6 marzo 2016

SQUARE Matematica in piazza

clouded by fatigue and mortality
ritornava
nello Square d'Orleans.
then he burned all his sketch-books
and manuscripts.

[
?q=chopin]

La Matematica nella Realtà. Ha detto: "ma è pieno di forme qui! Squeo triangle circle...."

sabato 27 febbraio 2016

la maestra Claudia Fanti


mercoledì 3 febbraio 2016

lunedì 25 gennaio 2016

Amen

Orazio Converso Con il digitale è avvenuto di fatto il superamento delle due culture (vedi), ma soltanto negli strati alti delle società, e soltanto nelle società fortemente dominate dal capitalismo tecnologico.
La dimensione di massa nell'università di inizio secolo era uniformata in basso, al minimo comun denominatore della chiacchiera culturale democraticista.
Ora riconosco che era una sciocchezza, generosa quanto si vuole, ma sempre tale: militare nella scuola democratica aperta a tutti negli anni 70-80 come nell'università a scavallare il secolo e il millennio, è stata solo autopromozione velleit.aria...eddai! e 'nnamo! orsù

sabato 23 gennaio 2016

I gruppi di ricerca in didattica della matematica finanziati dal CNR

http://www.mat.uniroma1.it/ricerca/gruppi/education/gruppiCNRbis.pdf
I gruppi di ricerca in didattica della matematica finanziati dal CNR

Nel 1968 Emma Castelnuovo, che si batteva perché si riconoscesse l'importanza scientifica della didattica, ottenne un contratto dal Comitato per la Matematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche per ricerche in didattica della Matematica. Tra i componenti vi erano Liliana Ragusa Gilli, Lina Mancini Proia, Ugo Pampallona, ...
Nel 1973 il Comitato per la Matematica del CNR finanziò un corso di 15 giorni a Pallanza, in cui alcuni docenti inglesi (tra cui Geoffrey Howson e Peter Bowie) illustravano le linee guida dello School Mathematics Project. Al corso parteciparono Ugo Pampallona (ideatore del progetto), Emma Castelnuovo, Liliana Ragusa Gilli, Lina Mancini Proia, Michele Pellerey e alcuni laureandi o neo-laureati (Lucilla Cannizzaro, Mario Barra, Raimondo Bolletta, Daniela Proia, e altri). I professori inglesi facevano lezione soprattutto la mattina, il pomeriggio i giovani suddivisi in gruppi diretti dai più anziani lavoravano preparando anche materiale che alla fine fu esposto.
Nel 1974 fu approvato, sempre dal Comitato per la Matematica del CNR, il progetto RICME (Ristrutturazione Curricolo Matematico Elementare). Alla realizzazione del progetto, diretto da Michele Pellerey, parteciparono Maria Luisa Bigiaretti, Lina Mancini, Maria Pezzella, Liliana Ragusa, Ida Sacchetti a cui si aggiunsero Lucilla Cannizzaro, Margherita Fasano e Mario Barra. La ricerca era affidata alla Mathesis, il cui direttore nazionale era Bruno de Finetti.
Nel 1975 Lina Mancini Proia ottenne un contratto col CNR per la sperimentazione in Didattica della Matematica nella Scuola Superiore. Tale contratto rientrava nell’ambito di un accordo tra UMI e CNR, appunto relativo all’insegnamento della Matematica nella Scuola Superiore. Sorsero così, in varie sedi italiane, i nuclei di ricerca didattica. I primi membri del nucleo di Roma furono gli insegnanti del Liceo Virgilio: oltre a Lina Mancini Proia (direttrice del programma di ricerca), Maria Teresa Ascoli e Lucia Terranova; cui si aggiunsero Giuseppe Veredice, Maria Pezzella, Marta Menghini, Walter Maraschini, Mauro Palma, Sergio Zoffoli...
A partire dal 1978/79 varî contratti per la Didattica della Matematica furono stipulati dal CNR con le Università:

  • a Pisa-Pavia con responsabile Giovanni Prodi,
  • a Pisa-Savona con responsabile Vinicio Villani,
  • a Parma con responsabile Francesco Speranza, etc.
  • Il direttore del progetto di Roma divenne Lucio Lombardo Radice, e il gruppo si aprì ad altri insegnanti e ricercatori.
    (..)

andare male in matematica

"Nel 1932 mi iscrivo all'università matematica e fisica. Ero sempre andata male in matematica; ho avuto per gli otto anni di scuola secondaria un insegnamento formale e ripetitivo. Andavo invece bene in fisica, con un altro professore. Ed io mi iscrivo a matematica e fisica con l'idea di passare a fisica: e invece, dopo un anno, sono passata a matematica.
Nel 1934-35 al 3° anno seguo il corso di Federico Enriques. Ho ancora i quaderni di appunti, anche se era impossibile prendere appunti. Il nostro era un continuo esercizio a vedere con la mente". Non sono molti a "vedere con la mente".

 Chi scrive queste parole ha avuto Enriques come zio, Guido Castelnuovo come padre, due dei più importanti matematici italiani ben noti nel mondo. Emma Castelnuovo, che di lei si tratta, ha una vita piena di interessi e di idee. Una vita attivissima che continua, ovviamente. Come si fa a smettere di "vedere con la mente"?

giovedì 7 gennaio 2016

L'esercizio di matematica a pag 33

“Ma l’esercizio di matematica era a pagina 33 o 35?”.
monicadascenzo.blog.ilsole24ore

Perché stiamo facendo questo ai nostri figli? Perché stiamo togliendo loro la possibilità di gestire le informazioni che riguardano la loro vita? La soluzione? Non ne ho. Nel mio piccolo cerco di non chiedere mai conferma dei compiti o di quanto fatto a scuola agli altri genitori e ho spiegato a mio figlio che guarderemo il registro elettronico sempre e solo insieme e quando me lo chiederà lui. Correremo il rischio di non avere una media scolastica da lode, di beccare qualche nota e qualche rimprovero dalle maestre (uso il noi, perché le maestre oggi se la prendono anche con i genitori) e di non essere impeccabili. Ma accidenti se sarà meno noioso. E magari ci guadagnerà anche il nostro rapporto in termini di fiducia reciproca.

mercoledì 6 gennaio 2016

prodotti

Sabrina M
Considerarci individui persone a 14 anni ci ha fatto interessare alla scuola, ha incuriosito, ha aperto le menti, ci ha coinvolti. Anche se i più critici possono sicuramente dire che avevamo difficoltà a svolgere una funzione o un problema. Ma nella vita reale è servito di più l'uso dell intelletto che saper far di calcolo.
Yesterday at 5:59pm · Sent from Mes

Nel social, possiamo discutere a distanza di decine di anni, da adulti, di ciò che si è prodotto?

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