I «CHIACCHIERONI»
Ci sono, nel nostro paese, i «chiacchieroni» e i lavoratori.Il lavoratore si mette subito al lavoro. Ed è nel suo lavoro, attraverso e per il lavoro, che riflette, apprende, giudica, sente e ama.
Il «chiacchierone» prima di tutto parla. La superiorità che il lavoratore domanda alla sua ingegnosità e alla sua tenacia, il chiacchierone pretende di trarla dall'abilità che ha di manovrare le parole e di aggiustare le norme in un intrico di regole e di teorie di cui egli
è il sommo sacerdote; è quello che egli chiama pretenziosamente la «logica» e la «filosofia».
Voi imparate ad andare in bicicletta come hanno imparato e imparano tutti gli uomini, i «chiacchieroni» vi spiegheranno che questo è un errore: non bisogna forse prima conoscere le leggi dell' equilibrio e le esigenze della meccanica? Essi però non sanno andare in bicicletta!
Se osassero, vi dimostrerebbero che avete torto a lasciar parlare i vostri bebè in modo così poco scientifico e vi insegnerebbero, per giorni e giorni, le leggi ineluttabili del vero linguaggio.
Ma i vostri bambini sarebbero muti!
Questi stessi chiacchieroni ci hanno convinti della necessità di iniziare l'espressione scritta dallo studio metodico della grammatica e di procedere gradualmente: dalla parola alla frase, dalla frase al paragrafo, poi al testo completo.
Essi conoscono la grammatica, ma hanno perso il dono dello scritto vivo e suggestivo.
Ci decantano anche, con un'impudenza che non ha riscontro se non nella nostra credulità, la virtù del lavoro e il fascino bucolico dei lavori campestri; il loro ruolo non è di lavorare ma di parlare. Ed è in una sala quieta che essi spiegano con scienza e logica come si lavora e quello che ci dicono i solchi tracciati di fresco e le file di pioppi piangenti in autunno, le lacrime d'oro
delle loro foglie oscillanti.
Ma essi non sanno lavorare!
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il mio allievo lavoratore
Inserito da webeditor il Gio, 24/01/2008 - 18:56
lo non ho nulla da dire al mio allievo-lavoratore se non le parole indispensabili per dare, al momento giusto, i consigli pratici o i gesti attesi e i sentimenti intimi che si traducono in un movimento, in uno sguardo o in un silenzio.
Ma il mio uomo crescerà a quella filosofia che è il risultato della scienza, della logica e del lavoro.
Ed egli sa lavorare!
ALLINEAMENTO SULLA VITA E IL LAVORO
«L'insegnamento dei tardivi» dice Dottrens, l'eccellente pedagogista svizzero, «ha permesso di perfezionare certi metodi pedagogici e, qualche volta, addirittura di trasformarli».
Non si rammenta forse in tutti i trattati d'Educazione Nuova che Itard e Seguin fondarono le loro osservazioni sui tardivi; che la Montessori e il dottor Decroly si occuparono, originalmente, dell'educazione degli anormali e che le loro scoperte e il loro materiale che hanno senza dubbi contrassegnato la pedagogia internazionale, erano da principio destinati a questo grado speciale d'insegnamento?
Dobbiamo compiacerci senza riserve di questa origine e di questa tendenza di una parte importante della nuova educazione contemporanea?
Ne abbiamo guadagnato, certamente, l'insegnamento su misura, la necessità dell'interesse personale senza il quale non vibra alcuna fibra dell'essere amorfo, l'individualizzazione dell'insegnamento che permette a ogni allievo di dare ciò che può, la materializzazione e
la sperimentazione che correggono, poco a poco, l'intellettualizzazione a oltranza che ci affligge: tutte conquiste di cui noi non apprezzeremo mai abbastanza la portata nel processo di modernizzazione pedagogico.
Ma non si correrebbero anche dei gravi pericoli ad allinearci così senza riserve, sull'educazione degli anormali, e non sarebbe tempo di reagire per realizzare una pedagogia più naturale e più umana?
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3 pericoli essenziali
Inserito da webeditor il Gio, 24/01/2008 - 18:58
Oggi elencherò tre di questi pericoli essenziali:
1° La pedagogia degli anormali ci insegna a procedere prudentemente, passo passo, nella via della comprensione, della acquisizione e dell'azione. Essa dimentica che ci sono individui atti a salire le scale quattro a quattro e che, d'un balzo, arrivano alla sommità, e per i quali è terribilmente snervante e a volte debilitante, segnare il passo.
2° La pedagogia degli anormali ha valorizzato l'insegnamento concreto e la sperimentazione, ma anche il materiale didattico e i giochi. In questo dominio noi assistiamo a un vero regresso che, sotto l'etichetta del progresso, limita gli slanci e le audacie.
3° Il dottor Decroly ha messo in valore la necessità dell'osservazione minuziosa, pezzo a pezzo, briciola a briciola. Riesce molto bene agli anormali, ma trascura completamente quell'altra osservazione che agisce secondo altri processi sintetici, per mezzo dei sensi e con possibilità talvolta ancora misteriose, quell'osservazione che si fa in un lampo, che vede, in un colpo d'occhio, ciò che ore di osservazione guidata non saprebbero far scoprire.
Si è detto troppo: «Allineamento sui tardivi!»... Se dicessimo: «Allineamento sulla vita e sul lavoro»?
IL TRE NON VIENE PER FORZA DOPO IL DUE
Due e due non fanno sempre quattro. Il tre non viene per forza dopo il due. Il bambino può benissimo arrivare alla sommità della scala senza salire metodicamente gradino per gradino; e io sono capace di dirvi, senza contarne le teste, se nel mio gregge manca una pecora.
Voi levate le braccia al cielo: tali affermazioni del tutto empiriche contraddicono e rovesciano tutta la pedagogia matematica, apparentemente scientifica. Che avverrà, quando proveremo, coi fatti, che si può imparare a leggere senza aver mai studiato gli elementi che compongono le parole e le frasi; che certi problemi
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Capaci di stupirvi
Inserito da webeditor il Gio, 24/01/2008 - 19:00
complessi sono solubili attraverso vie diverse da quelle troppo graduate, previste dai vostri libri; che i nostri bambini sono capaci di dipingere un quadro commovente senza aver seguito quei corsi che avevano, fino a oggi, il monopolio della preparazione all'arte; che sono capaci di stupirvi, col loro senso poetico, anche prima di conoscere una sola regola di grammatica, d'ortografia o di metrica?
Se questo è vero, ed è vero, è perché esistono, per la conoscenza e la cultura, strade diverse da quelle che insegna e segue la scuola. All' entrata di queste strade i falsi sapienti avevano posto una grande scritta rossa: «Vietato ai maestri». Noi abbiamo scostato il cartello ed
esplorato con successo le strade possibili verso le cime agognate.
Quando eravamo piccoli, la sera sognavamo una grande magica scala i cui pioli si susseguivano gli uni agli altri fino a giungere al cielo, ed ecco che gli uomini, imitando gli uccelli, hanno abbandonato l'ascesa metodica per lanciarsi verso l'azzurro Anche noi prendiamo lo slancio verso la vita: se il bambino si interessa e si appassiona alla propria cultura, se «vuole» creare, istruirsi, arricchirsi, vi riuscirà forse percorrendo vie illogiche o di contrabbando, ma in tempo di primato e con una sicurezza e una pienezza che ci sorprenderanno.
Tutto sta nel ritrovare quello slancio, quella vita, quel furore di volere che è pur nella natura del nostro essere. Se noi ci riusciremo nelle nostre classi, saranno risolti tutti i problemi accessori.
Potremo allora abbandonare la scala metodica e spiccare il volo.
esercizi per sapere
DUE E DUE NON FA SEMPRE QUATTRO
Ai miei tempi due più due faceva quattro; ripetevamo
cantilenando la lista delle sottoprefetture, recitavamo
la tavola pitagorica avanti e indietro e affrontavamo
la strategia delle guerre di Luigi XIV e Napoleone.
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Uccidersi a vicenda
Inserito da webeditor il Gio, 24/01/2008 - 19:01
Bando al sentimento, ci dicevano. La scienza è impassibile e impersonale; studiatela e sarete uomini.
Sì, degli uomini che sono andati a uccidersi a vicenda come bestie sulla Marna e sulla linea Maginot e che preparano delle nuove Hiroshima.
Ma ecco: due e due non fa più quattro; le sottoprefetture sono ormai senza funzione; la macchina calcola meglio e più rapidamente dell'uomo in avanti, indietro lateralmente; le guerre moderne hanno eclissato gli eroi in trine di «Signori inglesi tirate per primi!».
Oggi la radio non si nutre affatto di problemi matematici ma di canzoni, di cori e di musica, e gli uomini le donne vanno al cinema per ridere e piangere come per dimostrare a loro stessi che al di là della catena meccanica della scuola, dell'ufficio, e dell' officina, essi restano uomini e donne e non per quello che essi conoscono ma per quello che vivono nella carne, nello spirito, e nel sangue.
Senza dubbio essi hanno ragione; la scienza costruisce dei robot che, in quattro e quattr'otto, calcolano a una velocità vertiginosa e sono capaci di abbassare le leve a comando e di seminare la morte al di là dei mari. Tuttavia la scienza non è ancora arrivata a realizzare l'uomo che pensa non per mezzo di fili e ingranaggi, ma col suo essere sensibile che è capace di marcare
il suo sigillo il destino dei robot.
Ed è questo essere sensibile che noi dobbiamo educare non soltanto a creare e ad animare robot ma anche l dominarli e ad asservirli, per esaltare gli elementi di coscienza e di umanità che sono la grandezza e la ragion d'essere dell'Uomo.
FATE SALTARE I RULLI
Siamo franchi: se si lasciasse ai pedagogisti la cura esclusiva di istruire i ragazzi sull'uso della bicicletta non avremmo molti ciclisti.
In effetti bisognerebbe, prima d'inforcare il velocipede, conoscerlo, dettagliarne i pezzi che lo compongono
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La bicicletta
Inserito da webeditor il Gio, 24/01/2008 - 19:02
e aver fatto con successo numerosi esercizi sui principi meccanici della trasmissione e dell'equilibrio.
Dopo, ma soltanto dopo, il bambino sarà autorizzato a salire sulla bicicletta. Oh, siate tranquilli! Non lo si lancerà sconsideratamente su un percorso difficile dove potesse rischiare di ferire i passanti. I pedagogisti avranno messo a punto buone biciclette da studio, montate su rulli giranti a vuoto sui quali il bambino imparerebbe senza rischio a tenersi in sella e a pedalare.
E solo quando lo scolaro sapesse montare in bicicletta lo si lascerebbe andare liberamente sul suo mezzo meccanico.
Fortunatamente i bambini sventano in anticipo i progetti troppo prudenti e troppo metodici dei pedagogisti; scoprono in un granaio un ferro vecchio senza pneumatici né freni e, di nascosto, imparano in pochi minuti ad andare in bicicletta come, d'altra parte, imparano
tutti i bambini senza conoscenza di regole né di principi: afferrano la macchina, l'orientano verso la discesa e vanno ad atterrare contro una scarpata. Ricominciano ostinatamente e, a tempo di primato, sanno andare in bicicletta. L'esercizio farà il resto.
Quando in seguito, per correre meglio, dovranno riparare un pneumatico, aggiustare un raggio o rimpiazzare la catena. allora vorranno sapere dai compagni, dai libri o dal maestro, ciò che voi cercate inutilmente di inculcare loro.
All'origine di ogni conquista c'è, non la conoscenza, che non nasce normalmente che in funzione delle necessità della vita, ma l'esperienza, l'esercizio e il lavoro.
Fate dunque saltare i rulli e inforcate la bicicletta!
LA NOZIONE DI VELOCITÀ
I maestri sono ancora, nelle loro classi XIX secolo, come quei contadini che, cinquant'anni fa, vedevano passare sulle strade tranquille dei loro villaggi le prime automobili scoppiettanti e impolverate: «Che cosa! Andare così in fretta!... come se non ....
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