lunedì 12 novembre 2012

Documenti invalsi

"I fascicoli delle prove Invalsi compilati al termine delle prove sono una miniera di spunti che potrebbero essere utili nell’insegnamento della matematica. A mio parere andrebbero meglio studiati e discussi, sia tra colleghi di matematica sia con gli allievi. Purtroppo sembra che il maggiore interesse sia per i punteggi finali. Quanto ai fascicoli essi sono frettolosamente archiviati."


Condividere un documento, questo di Fabio Brunelli che ci porta in medias res nel lavoro delle classi di scuola media sulla matematica. Ebbene, mi chiedo, durante il mio zapping quotidiano sull'attualità,..


Fabio Brunelli
Una talpa scatenata
Riflettendo sulle prove Invalsi di matematica per l’esame di licenza media del giugno 2012

Fa un certo effetto leggere i titoli dei maggiori quotidiani italiani del 19 giugno scorso: “Medie, il test con 9 superdomande”, “I quesiti (difficili) per scovare i più bravi”, “Invasi da folli, il web insorge e scoppia il caso Pittulongu”.
I giornalisti sono persone a volte divertenti e simpatiche. Ma sicuramente in questi casi hanno poco tempo per approfondire e riflettere. La realtà è sempre più complicata. In internet poi si crea facilmente un “onda”, un “effetto-traino” e nascono così le “leggende metropolitane”.

Se tentiamo di cercare la verità e, invece di leggere in rete cosa hanno “twittato” i ragazzi, prendiamo in mano i fascicoli Invalsi e proviamo anche a confrontare le varie valutazioni degli esami (ammissione in matematica, prove scritte “interne” di matematica, prove Invalsi di matematica, valutazioni globali in uscita) ci accorgiamo subito, perlomeno questo è accaduto nella mia terza, che questi numeri sono correlati positivamente. Le uniche anomalie sono i punteggi alti delle prove Invalsi di alunni modesti che sono riuscito a copiare.

Entriamo nel merito prendendo ad esempio la famigerata “talpa” che si è mangiata quasi tutta la mia classe. Ecco il quesito:  

Fermiamoci alla prima domanda per rispondere correttamente alla quale i ragazzi avrebbero dovuto calcolare il volume di un cilindro:
3,40 * 3,40 * π * 10 = 115,6 π ~ 362,984.
La risposta giusta è pertanto la “C”.

Dire che è stata una “Caporetto” è poco: hanno indicato “C” solo 13 alunni su 27 (~ 48%). Tra essi ci sono alunni di tutti i livelli. Durante gli orali ho fatto qualche intervista. Una ragazza brava mi ha detto: “Le gallerie non hanno forma cilindrica, ma semicilindrica, quindi per un po’ pensavo di dover dividere il volume del cilindro per due”; un altro ragazzo pure bravino mi ha detto: “Di solito nella misura del volume del cilindro c’è il π. Tra le soluzioni proposte dal quesito il π mancava e questo mi ha disorientato, per questo ho scelto 120 .
Riflettiamo ancora brevemente sui deludenti risultati relativi al calcolo del volume del cilindro. Quest’argomento è “trattatissimo” in terza media e i ragazzi sono ben allenati a calcolare volumi dei più strani solidi di rotazione. E allora? Cosa accade? Dobbiamo forse registrare un “divario epistemologico” tra i cilindri della prassi didattica e i cilindri dell’Invalsi?
Forse la prassi scolastica è quella di partire da problemi in qualche modo già “matematizzati”, dove è già esplicitata o ben descritta la figura geometrica. Qui invece si tratta di leggere un brano in lingua italiana e cercare una “modellizzazione geometrica” che possa rispondere al problema. E noi cosa preferiamo per i nostri allievi? Per i nostri figli? Per le nuove generazioni?

I fascicoli delle prove Invalsi compilati al termine delle prove sono una miniera di spunti che potrebbero essere utili nell’insegnamento della matematica. A mio parere andrebbero meglio studiati e discussi, sia tra colleghi di matematica sia con gli allievi. Purtroppo sembra che il maggiore interesse sia per i punteggi finali. Quanto ai fascicoli essi sono frettolosamente archiviati.

Ho l’impressione che (sono docente-terminale e non ho nulla da perdere a tirami dietro le antipatie di molti) gli insegnanti di matematica in Italia (e io non mi chiamo fuori da questi) sono un po’ adagiati su una certa tradizione didattica: “spiego bene la regola, ora fate tanti esercizi”.
Gli allievi dal canto loro sono abituati a una certa “frettolosità”; vogliono capire subito quale formula applicare per risolvere il problema; non hanno la pazienza di leggere, rileggere e riflettere sul testo di un quesito. Pensare “fa fatica”, come dicono in Toscana!
Oggi tutto questo non basta più. La bozza delle “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione”, resa nota pochi giorni fa dal MIUR, parla di una matematica che contribuisce “alla formazione culturale delle persone e delle comunità, sviluppando le capacità di mettere in stretto rapporto il “pensare” e il “fare” e offrendo strumenti adatti a percepire, interpretare e collegare tra loro fenomeni naturali, concetti e artefatti costruiti dall’uomo, eventi quotidiani. In particolare, la matematica dà strumenti per la descrizione scientifica del mondo e per affrontare problemi utili nella vita quotidiana; contribuisce a sviluppare la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri.”
Mi pare che la matematica richiesta oggi alla scuola sia più vicina alla “talpa cattiva” che non ai tradizionali esercizi cui i nostri allievi sono avvezzi.


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