venerdì 23 settembre 2011

Fuori corso +

[in-corso]
2    Utopia certo, anche se generosa, quella di pensare a 700.000 persone colte sparse nella scuola italiana. Ma forse nessuno credeva che ciò fosse veramente possibile e chi immaginava  quella figura di insegnante pensava solamente  a come egli stesso avrebbe voluto essere.    Ad ogni modo le cose sono andate diversamente. Quando la percezione del vuoto del proprio mestiere è giunto alla massa degli insegnanti, qualche soluzione si è dovuto trovarla.
    A noi che mentre predicavamo la bellezza dell'insegnante "maestro" nutrivamo una profonda sfiducia verso gli insegnanti reali è parsa assai strana la disponibilità, anzi l'avido interesse che questi in massa hanno dimostrato per l'ondata crescente dei corsi di aggiornamento, cui si sacrificavano gli ultimi giorni di settembre o si dedicavano faticosi pomeriggi. Ma abbiamo cominciato a comprendere quando, nelle riunioni scolastiche o sindacali,ci siamo resi conto che molti insegnanti non sarebbero nemmeno contrari ad un consistente prolungamento dell'orario di lavoro, accompagnato da un neppure eccessivo riconoscimento salariale.
    L'insegnante si è accorto che il suo lavoro in classe potrebbe in fondo non essere molto diverso da quello del tradizionale passacarte: applicare, come un timbro, la ricetta dell'esperto, smistare le "pratiche" 'difficili' al consulente psicologico, controllare il risultato secondo la circolare del ministro. E in questo ruolo vuole potersi rifugiare senza sensi di colpa. Se è ormai assodato che l'insegnante non va e non occorre che abbia alcun rapporto con lo studio e con la cultura, 18 ore più 20 al mese appaiono abbastanza platealmente un sottolavoro per una categoria inutile e sottopagata: “Facciamo le 30 (0 36) ore e poi non chiedeteci più nulla... [..]

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