martedì 31 marzo 2015

neolingua della valutazione

E se prendessimo come emblema l'insegnamento di Emma? Nessuno dice, anche tra i suoi, come valutasse Emma, e cioè che lei non valutava in alcun modo. Lasciava che fosse il lavoro, meglio l'attività a dire quando, quanto e come, e a ciascuno. Un lavoro immane, laboriosissimo, fatto d'ascolto, di persona, senza deleghe in bianco a nessuno. Pura passione, per amore della civiltà, della conoscenza: che persona! Sono tanti gli insegnanti che ho conosciuto e non posso nominarli, con gli errori e i tentativi, ma gli altri per cui s'arriva solo in Italia al milione di unità docenti? |1978Ben strano mestiere quello degli insegnanti. Si sono moltiplicati proprio quando nessuno sapeva più che cosa dovevano essere. Gran parte dei giovani, da 10 anni a questa parte, sono entrati nella scuola avendo chiaro di non voler impersonare la figura dell'insegnante. Quanto agli altri, quelli che nella scuola c'erano da tempo, nessuno pensa più che saprebbero davvero essere buoni insegnanti, anche se lo volessero. L'insegnante insomma è finito, mentre la categoria degli insegnanti si è ingigantita. Pullulare di corsi di aggiornamento, proposte di nuovi orari di lavoro e nuovi compiti, testimoniano in fondo proprio questo. 

    E preparano la via per una risistemazione di questa categoria senza arte nè parte. |2015| centomila insegnanti precari assunti subito. Il governo ha già previsto la stabilizzazione di 150mila insegnanti, ma ora potrebbero salire a 250mila.
E chi pensa di trovare un milione di insegnanti di tale carattere.. D'accordo, e allora? Io saprei come fare ma non faccio (per questo) il ministro dell'istruzione pubblica, se è di Stato.
(continua)

domenica 29 marzo 2015

Science, Technology, Engineering, Art and Mathematics

Perchè-a-scuola Il Fablab Roma Makers ha lanciato nel 2013 il programma Mini Makers, una vera e propria scuola di tecnologia digitale destinata ai bambini in età scolastica dalla terza elementare alla terza media. L’insegnamento della programmazione avviene in modo combinato assieme all’insegnamento delle altre discipline che compongono l’insieme che gli anglosassoni definiscono STEAM (Science, Technology, Engineering, Art and Mathematics).

sabato 28 marzo 2015

Una mosca, che spavento!

26 marzo 2015 Franco Spinelli di Scuola Città Pestalozzi propone un metodo proiettivo per risolvere "La mosca"* Ho una mosca chiusa in pugno /presa a volo il primo giugno./L’ho sentita far subbuglio/fino circa a metà luglio.

G+ ScuolaCittàPestalozzi

mercoledì 25 marzo 2015

Muoviti

Colui che conduce la sua cavalcatura alla fonte senza bervi lui stesso.
SaintJohnPerse
 “If a man isn't willing to take some risk for his opinions, either his opinions are no good or he's no good”. Ezra Pound

http://www.umi-ciim.it/wp-content/uploads/2013/12/Barra_conferenza_2-.pdf

il 9 al quinto posto



http://gaudiaduepuntozero.blogspot.it/2011/12/isabelle-huppert.html           Della regola base del tasso di polisemia applicato...
Posted by Orazio Converso on Friday, March 27, 2015

martedì 24 marzo 2015

La scuola sul Corriere

Scuola come: Quarant’anni fa il sistema scolastico finlandese era mediocre, modellato su quello tedesco, e contemplava una breve scuola primaria alla fine della quale pochi andavano al liceo-ginnasio, la maggioranza andava a lavorare e una piccola parte poteva ricevere una formazione professionale di un paio d’anni. Nel 1972 si decise di riformare totalmente il sistema scolastico adottando il modello scandinavo che prevede un modello a due livelli: una scuola di base unica, di nove anni, e un insegnamento secondario superiore corto di tre anni.  [Esplora: Emanuela Di Pasqua sul Corriere ]


venerdì 20 marzo 2015

La tivvù dell'uomo

Ecco il discorso della scienza, il lavoro discreto sulla realtà. I ragazzi nel chiostro con l'astronomo.
(Herbsttag, RMR)
Signore: è tempo. Grande era l'arsura.
Deponi l'ombra sulle meridiane,
libera il vento sopra la pianura.
Fa' che sia colmo ancora il frutto estremo;
concedi ancora un giorno di tepore,
che il frutto giunga a maturare, e spremi
nel grave vino l'ultimo sapore.
Chi non ha casa adesso, non l'avrà.
Chi è solo a lungo, solo dovrà stare,
leggere nelle veglie, e lunghi fogli
scrivere, e incerto sulle vie tornare
dove nell'aria fluttuano le foglie.
Flora Turini30 dic 2014




giovedì 19 marzo 2015

mercoledì 18 marzo 2015

Scrivere la matematica. 2

L'occhio coglie nel disegno il movimento suggerito dalle frecce:  il movimento della squadretta passa nel disegno e la scrittura segue. Anche Emma concorda sul momento della scrittura, la scrittura che nell'esperimento racconta le fasi e le ordina, la lingua in un campo operativo.


La fase più difficile per i ragazzi è quella in cui devono descrivere come hanno fatto ad ottenere la loro figura geometrica muovendone un'altra..«ho ottenuto il triangolo ribaltando la squadretta ad un lato»


lunedì 16 marzo 2015

La scuola che conta

P cantare per passione in coro e condividerlo in pubblico con chi fino a quel momento ha ascoltato. Ecco Sabine nel momento in cui..  https://youtu.be/P1PJXRHaddE?t=1h51m29s
31 marzo 2000 Passione e Canto: Coro del CIMA di Sabine Mielke Cassola e Sergio Seminovitch, di Piero Leone, di Francesca Cerocchi all'Angelica di Roma .. - at Videorlab

domenica 15 marzo 2015

π πer quanto è gonfio e senza fondo il cielo

π
incitando, ah, incitando
l'indolente eternità a durare.

venerdì 13 marzo 2015

Operazioni

2-episodio-3quadro
Porse il quaderno. In cima alla pagina stava scritta la parola Operazioni. Sotto c’erano delle cifre sbilenche, in fondo una firma contorta, con gli occhielli delle lettere ciechi e una macchia. Cyril Sargent: firma e suggello.
- Mr Deasy mi ha detto di riscriverle tutte, disse e di fargliele vedere, professore.
Stephen toccò gli orli del quaderno. Nullità.
- Ha capito ora come si fanno? domandò.
- Dall’esercizio undici al quindici, rispose Sargent. Mr Deasy ha detto che dovevo copiarle dalla lavagna signore.
- Le sa fare da sé? domandò Stephen.
- No, professore.


Seduto accanto a lui, Stephen risolveva il problema. Dimostra con l’algebra che lo spettro di Shakespeare è il nonno di Amleto. Sargent guardava in tralice attraverso gli occhiali a sghimbescio, le mazze da hockey sbattevano nel ripostiglio: il colpo sordo d'una palla e richiami dal campo.

giovedì 12 marzo 2015

qui pro quo

punto-per-punto
  Scuola, ecco la riforma in 10 punti .......... Foto: le slide

1) Autonomia piena degli istituti sugli immobili e sulla loro gestione. Pensiamo solo ai risparmi che potrebbero derivare da una gestione efficiente dei consumi elettrici ed energetici, dalla possibilità di stipulare contratti per la pulizia e per la fornitura dei servizi amministrativi.
2) L’organo di amministrazione della scuola diviene un consiglio di gestione, in cui vi siano rappresentanze dei genitori, degli studenti, dei docenti, delle realtà economiche e sociali interessate.
3) Il controllo sull’utilizzo del budget di cui la scuola può disporre deve essere affidato in via preventiva ad una società di certificazione esterna o alla corte dei conti. I bilanci degli istituti devono essere consultabili on line.
4) Il consiglio di gestione, in base a parametri vincolanti (laurea conseguita in determinate facoltà, precedenti esperienze nel campo della formazione e manageriali, referenze, appartenenza ad un eventuale albo) individua il manager scolastico cui affidare il mandato sulla scorta di obiettivi individuati. Il mandato ha durata triennale e può essere rinnovato.
5) Il manager provvede alla scelta del direttore amministrativo, della dotazione e del personale amministrativo, previa approvazione del consiglio di gestione.
6) La scuola svolge una verifica obbligatoria annuale dei risultati di apprendimento, a cura di una società esterna, e li presenta in una conferenza dedicata alla riflessione sulle problematiche emerse e le eventuali strategie da adottare. I test di valutazione non potranno che essere quelli internazionalmente riconosciuti nel modello Pisa.
7) Abolizione del valore legale della laurea. È l’unico modo per far emergere le qualità e penalizzare le università scadenti. Secondo il criterio: chi comprerebbe una macchina che abbia dei difetti di fabbricazione? La mancata possibilità di accesso a concorsi pubblici da parte di chi proviene da università – esamifici potrebbe essere prodromico alla loro chiusura con conseguente risparmio di fondi pubblici. Aumento delle tasse universitarie in base al reddito famigliare per evitare l’attuale fenomeno dell’università dei ricchi pagata dai poveri (fiscalità generale). Da questa riforma anche le scuole potrebbero trarre benefici perché renderebbe conveniente l’impegno al miglioramento della propria offerta.
8) Abolizione dei concorsi pubblici per l’accesso alla docenza, al loro posto un albo degli abilitati cui gli istituti potranno attingere valutando i curricula e avvalersi della piena libertà contrattuale. Se una scuola vuole assumere un giovane e brillante laureato lo potrà fare, proponendogli uno stipendio adeguati
9) Dotazione di fondi statali non a pioggia, ma sulla scorta delle effettive esigenze degli istituti. Se si mira a diminuire il livello di dispersione a Scampia si deve poter contare su risorse diverse da quelle di una scuola del centro di Roma, sia in termini di strutture, sia di investimento sui docenti. Le scuole devono poter disporre anche della dotazione dei docenti: più le realtà sono difficili, maggiore deve essere il numero dei docenti disponibili. Come dimostra l’esperienza eccellente della scuola primaria, i risultati migliori vi sono laddove funzionano tempo pieno e modulo (fondato sulle compresenze).
10) Possibilità per le scuole di scegliere i curricula. Fatte salve le materie base, ciascuna scuola può decidere di inserire una materia o un’altra, aumentare o diminuirne il carico orario valutando le esigenze della propria utenza.

raro e unico

"riconosce e approva come vita solo ciò che è unico", diciamo che è una premessa per riconoscersi, mi "funziona".
penso che non si tratti del personalismo dei cristiani, almeno non solo; parlare alle persone è una vecchia cosa.
e con un cortocircuito dialettico, e una semplificazione, posso dire che ti ho riconosciuto come una dei miei compagni di strada, quelli che con la passione e l'urgenza del fare si sono esposti nell'agorà con il loro lavoro.
«Con un minimo di strategia – ha scritto Sanguineti – si riuscirebbe a leggere tutte le interviste di Filippini come una serie di autointerviste: intervistava se stesso». 
Piacerebbe anche a me che le mie scelte degli interlocutori fossero sempre così, un modo di interrogarmi, senza chiudermi e senza auto riferire a me stesso.
 il pubblico la cultura la scuola 
note private al pubblico nella scuola
1. cultura [le parole e le cose]
2. scuola [pamphlet]
Non amo lo studio, non l'ho mai amato in verità. L'ho subito per tanto tempo che solo ora mi rendo conto quanto mi abbia stremato - salvo pochi anni d'esordio, dai miei quattro ai sei anni.
Un'attività coatta che superavo socializzandola per forza, per così dire, cioè studiando mai da solo e sempre con un compagno, spesso in gruppo, e allargando l'ambito con scambio degli appunti a lezione, sintesi, testi recuperati sempre altrove; come se giocassi a pallone o facessi i bagni a mare con gli amici. Rompevo così almeno l'accerchiamento dei dotti, non potendo rivendicare i ciuccioni (non ero così bello e tosto).
In effetti non amo la cultura. L'ho subita e l'ho sopportata sempre per la possibilità di incontrare con essa gente sconosciuta o lontana nello spazio o nel tempo.
Questa premessa, e l'altra, per dire quanto mi venga da lontano il rifiuto della scuola. Sopra tutto la scuola buona, quella che la violenza coatta della cultura te la fa introiettare senza parere. Almeno i cattivi maestri infatti sono palesamente mauvaises e spuntati.
In fondo noi trattiamo di scuola come addestramento e quando passiamo ai toni alti con la questione della formazione umana, della scuola dei maestri di vita, facciamo danni incommensurabili.
L'addestramento è galera visibile, la formazione che si specializza in Forma Scuola è pura crudeltà moderna.
La "scuola" pubblica dello stato dovrebbe essere chiusa una volta per sempre, e basta. Almeno in un paese civile, occidentale, a struttura liberale e aperta. Poi, naturalmente, liberi di farle scuole a proprie spese, ovvio.

Mi ha sempre colpito in Emma, la Castelnuovo poco Bovary e molto Gustave, il come si ponesse con i suoi ragazzini tra uguali, senza neanche le rettoriche del lavoro comune, almeno quelle che elaborano specificamente la materia che trattano - senza lasciarla respirare en plein air nei tratturi con cui si guadagnano gli alti piani. E Célestin, nostro Freinet? Spudorato, come don Lorenzo del resto nella sua pulsione pedagogica, in ogni caso rompe il senso comune e poi lo invoca d'altra parte: e quindi questo è bene se pensiamo a dove fossero questi nostri eroi ribelli.
Della mia vita scolastica rivendico, sia chiaro, non un generico ribellismo - del quale non facevo carico più di tanto alle pratiche tra i banchi e le cattedre - ma la testimonianza, l'esperienza del dissidio.
(Oggi tutto ciò è maturo, pregno: ha solo da essere partorito nei posti e nei
momenti giusti). 

lunedì 9 marzo 2015

Coraggio, diciamolo

Coraggio, diciamolo: questo Whitehead è un bel godere, per chi sa di matematica, eh. E per gli altri?
(..) ; ma qualsiasi matematico cui accada di leggere queste pagine sa che l'eventuale assenza di limiti o di massimi in una classe di numeri la quale tuttavia non abbraccia l'intero insieme dei numeri è uno svantaggio non lieve.


domenica 8 marzo 2015

il caso particolare della lettrice di Joyce

in lavorazione Per esempio, lottare per il domani, un domani senza condizionamenti per la donna, un domani così lontano che neppure noi ci saremo. L'uomo ha sempre rimandato ogni soluzione a un futuro ideale dell'umanità, ma non esiste, possiamo però rivelare l'umanità presente, cioè noi stesse. Nessuno a priori è condizionato al punto da non potersi liberare, nessuno a priori sarà così non condizionato da essere libero.
Tratto da Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti, Scritti Rivolta Femminile 1, 2, 3
Cara Flora la tua impresa è chiara, e in quanto tale geniale. Una prosecuzione con altri mezzi della battaglia per la cultura della tua vita activa [+] al momento della maturità contemplativa della vecchiaia.
Pensavo stamane leggendo Whitehead che SI potrebbe dirti un personaggio di quel Fahrenheit 451 che tanti equivoci rappresenta sui libri, e la lettura. Ma spiegherò perchè è proprio quella narrazione che non funziona quando si accede al problema del saper leggere come correttivo prezioso deutoragonista del saper scrivere.


L'introduzione alla matematica di Whitehead [white head della tribù dei piedi neri] è paradossale, perchè allontana a ben vedere il neofita che dovrebbe invece introdurre, appunto. Lo fa involontariamente, sembra, ma la catastrofe è proprio l'assunto, cioè che uno specialista inevitabile come un white head cultore del pensiero matematico, e non solo, possa condurre l'incolto al ragionar di cose del rigore e del far di conto.
Perchè?
Prezioso rigore quello della tribù, ma che scivola come acqua di fonte e si perde tra i sassi della discesa in campo in quanto la lettura del suo librino può essere efficace, appunto, se si ha una mente adusa a ragionar leggendo.
Non un'introduzione quindi, in quanto per esercitare la funzione maieutica abbisognerebbesi di un processo più didattico, se non didascalico esplicitamente, con un'esperimentazione del campo che preveda passi e percorsi concretissimi e in cui il ragionare non sia una premessa del buon andare ma una conseguenza.

Mi spiego, prendiamo la questione dei parametri a pag 56 e 57 e delle costanti...che variano! Si potrebbe porre la questione dispiegandola con casi particolari per esempio che conducano con un'aggiramento della definizione per via verbale, conducendo ad una acquisizione "pratica" dell'apparente paradosso per cui ognuno dei termini, variabile e parametro-costante,  vari a suo modo alla fine e all'inizio dell'alfabeto - espediente quello che appare ingannevole se non si coglie la splendida innovazione che l'invenzione del metodo algebrico ha introdotto nelle cose delle quantità e qualità che si sostengono e apparentano genialmente per cogliere e risolvere i problemi,  detta matematica dai moderni.


[prima parte, continua]


La tua impresa, dicevo, è geniale perchè questa scelta non ha niente di generale e divulgativo, ma è una ricerca di efficacia personale, personalissima. L'esplorazione della lettura uscendo dalla mitica della lettura silenziosa personale intima cerebrale senza andare all'alienazione del reading della lettura in pubblico tutta rivolta questa ad una mitica introduzione al libro...disattivandolo.
Tu provi a spostare utilmente il problema, dal libro e dall'autore, direttamente al testo e all'ascolto dando loro corpo letteralmente, il tuo. Dai voce da te (al testo) e ascolti in video, ti sdoppi e così ti osservi, ma con vista costante sullo scritto, riproponendolo, tradotto e no, proponendone mappe e punti di riferimento e di ancoraggio con divagazioni anche di alleggerimento della tensione. Davanti alla tastiera, questo è il luogo!

Luogo giusto più che mai, joyciano, gioisiano, non solo per il lettore di germi ciois, chè la tastiera è il territorio depositato dei fonemi, scissi e ricomponibili nell'alfabeto tastato: è la combinatoria meravigliosa realizzata del digitale, il banco di lavoro del filologo 
* diffuso con lo scripting che rilancia la scrittura alfabetica, per il suo stesso tramite.
Se lavori al video e alla voce davanti alla tastiera dici qualcosa che è insieme sovratesto paratesto e sottotesto, insomma tutta ekphrasis ° dello scudo di Achille a Troia che si fissa nei videotesti: l'ipertesto che poi fissi come pagina sul tuo diario-di-bordo è (solo) un'àncora, eh, bentrovata al visitatore per entrare.


No, Fahrenheit 451 non va. Visione pregutemberghiana della lettura, altomedievale del libro nella sua fase copspicua (è utile e molto interessante vedere qui per es. Le Goff); poi infatti il libro ha preso una china violenta, precipite Per quanto rapido fluisca il suo torrente precipite,.. Poiche', sembra, essi mirano al solo risultato: che un libro non potrà mai contenere un uomo o una donna tutt'interi se non prigionieri. Ci vuole il coraggio di essere in quel momento ben altro che un libro, sporgersi sull'abisso con garbo, non lasciar bruciare l'arrosto per vagare nel bosco in tondo vaneggiando parole morte per sempre, con questa strana scusa..

"il linguaggio onora, e approva
chi gli dona vita nuova;
vanità e viltà perdona,
finalmente le incorona.
Se con questa strana scusa
Kipling perdonò, e la musa
di Claudel perdonerà,
di un tal genio ha già pietà"
[(sic) Al termine del corso lo studente conosce in modo approfondito la letteratura greca dalle origini all'età tardoantica. Possiede un metodo filologico per la lettura ...]
[° posso dire 
ekphrasis senza altro perchè starà a te googolarne il senso]
[+ 
Con il termine "vita activa" propongo di designare tre fondamentali attività umane: l'attività lavorativa, l'operare e l'agire; esse sono ...]

lunedì 2 marzo 2015

apertis verbis

ogni mattina nel mio lavoro quotidiano con i ragazzi e le ragazze a cui parlo (la parola insegno mi sembra esagerata) di matematica.
apertis verbis
loc. avv.
riceviamo e volentieri pubblichiamo...........................................Gentile Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
(l’aggettivo Pubblica si è perso da tempo, peccato). Le scrivo poche righe nonostante mi fossi imposto, anni fa, di non contaminare questo mio spazio privato con nulla che fosse attinente al reale. Ma il reale trova sempre il modo di rompere l’esilio, ed ecco questa lettera. Lei non mi conosce, ma per la simmetria dello scrivere pubblico io non conosco lei. So vagamente che aspetto ha in questo tempo, se mi sforzo riesco persino a ricordare il suo nome. Non è molto importante, come non è importante il partito a cui lei fa riferimento, il governo che la sostiene, le idee che sta mettendo in atto. Sono colpevole, mi rendo conto, di non interessarmi a tutto questo; sconto da anni la pena subendo qualsiasi tipo di riforma, modifica, riduzione, decurtamento, avvilimento, umiliazione della mia categoria senza lamentarmi. Ed infatti sono qui a scriverle non per motivi legati alla mia professione, ma in difesa dell’unica cosa che ormai mi lega alle aulee ed ai miei studenti e studentesse: la matematica. Da anni ho intuito un disegno, studiato o casuale non so, per diluire e sminuire il ruolo culturale che la matematica ha nel nostro insegnamento e nella nostra società in generale. Di nuovo colpevole, sono stato zitto, pensando di poter opporre silenziosa resistenza ogni mattina nel mio lavoro quotidiano con i ragazzi e le ragazze a cui parlo (la parola insegno mi sembra esagerata) di matematica. Qualche giorno fa però ho subito (non mi vengono in mente termini diversi) la simulazione della prova di matematica che il Ministero (quindi lei) ha inviato alle scuole italiane per preparare studenti e studentesse del Liceo Scientifico al nuovo esame finale. Ho resistito qualche giorno, ma ora non riesco più a mantenere il mio amato esilio e le scrivo. Lacerò perdere ogni considerazione sul contenuto matematico e sulla facilità della simulazione (che era facile oltre ogni modo); non credo da anni agli esami e tantomento alla valutazione, quindi se è intenzione del Ministero ridurre la difficoltà degli esami finali non posso che gioirne ed essere felice per i miei ragazzi e le mie ragazze. Vorrei invece parlarle della forma e di due aspetti per me fondamentali che questa simulazione, probabilmente indicativa delle linee future governative in materia di matematica nell’istruzione superiore, ha sollevato. Premetto che questa (sembra ridicolo doverlo affermare, ma in un’epoca di proclami apodittici di tutti su tutto credo sia doveroso) è sola la mia umile opinione, il pensiero di un professore marginale di una materia ormai considerata (o almeno a me così sembra) marginale. Altri colleghi, probabilmente più accorti ed esperti di me, avranno diverso orientamento, diverso entusiasmo. Nondimeno è la mia opinione e siccome questo spazio è mio, la esprimo (a lei la insindacabile libertà di non leggere, le concedo lo stesso diritto all’esilio dalle mie idee che io mi sono arrogato anni fa rispetto alle volstre idee).


Prima di tutto la forma delle domande; le riporto qui solo la prima del primo problema, è estratta dal contesto, ma emerge in ogni caso in tutta la sua pochezza:

“Aiuta Marco e Luca a determinare l’equazione che rappresenta la curva…”.

Le risparmio il seguito della storia (anche perché come Ministro probabilmente l’avrà avvallata, se non approvata). Io sono una persona mediamente altruista e con me anche i miei studenti e le mie studentesse; tutti noi aiutiamo volentieri persone reali o immaginarie, come Marco e Luca. Ma lei deve aiutare me a capire come si possa presentare ad un ragazzo od una ragazza di 19 anni, persona ormai adulta come me e come lei, un quesito sotto forma di simpatica sfida alla Geronimo Stilton. Molte volte con mio figlio, che però ha 9 anni, ho allegramente abbracciato la sfida di un “Aiuta Geronimo a trovare l’uscita dal labirinto .. “. Sono l’unico a trovare non dignitoso un compito di matematica messo in questa forma? Forse si, nel qual caso si conferma la mia inadeguatezza all’insegnamento o a cercare di aiutare Marco e Luca.

Ma lasciamo pure perdere la forma dei quesiti, che a me comunque pare importante (la scuola si rende tacitamente complice, in questo modo, di alimentare una società dell’apparenza in cui la sostanza nessuno sa più dove si trovi). Il secondo aspetto che mi preme può apparire di nuovo legato alla forma esteriore, ma non lo è, secondo me. Cambio prospettiva e le parlo del secondo quesito dove si chiedeva allo studente di aiutare (sic) Mario a progettare una teca di vetro di forma conica che contenesse un antico e prezioso mappamondo. Il succo della sostanza era il seguente: “trovare il cono di superficie minima che inscriva una sfera di raggio R fissato”. È una domanda matematica, semplice, lineare, diretta, comprensibile, ma prima di tutto matematica. Qual’è il valore aggiunto di travestire questa domanda con una implausibile storia di mastri vetrai e di teche di cristallo? Io non lo vedo. O meglio, vedo un ulteriore tentativo (in atto da anni a dire il vero) di impoverire il discorso matematico facendo credere (addirittura insegnando) che la matematica è un linguaggio con cui si possono risolvere problemi quotidiani, di tutti giorni. Vede Ministro, io credo che dietro questa impostazione ci sia un pensiero pericoloso ed avvilente: la matematica ha senso farla, studiarla, impararla solo in quanto utile a qualcosa. È un discorso che si inquadra perfettamente nel nostro tempo dove alla vecchia domanda “cos’è” si sostiuisce ormai immancabilmente un terribile “a cosa serve”, riducendo la curiosità a mera lista della spesa degli attrezzi utili. A cosa serve? A cosa serve trovare il cono di area minima? Allora inventiamoci una matematica del fantabosco che invece serva: troviamo la forma della teca di cristallo che il mastro vetraio deve inventarsi.

Perché non è più pensabile insegnare la matematica per il valore della matematica? Perché dobbiamo diluirla in problemi fintamente quotidiani? Le svelo un segreto, Ministro, nessun mastro vetraio al mondo farà mai una derivata per trovare il minimo di una superficie. Così come nessun matematico al mondo usa la matematica per fare la spesa, guidare la macchina, trovare la morosa, giocare ad un videogioco. Perché non possiamo insegnare, e chiedere, ai nostri ragazzi ed alle nostre ragazze, un ragionamento puramente e meravigliosamente matematico? Perché dobbiamo forzatamente costruire dei contesti quotidiani del tutto inventati e privi di fondamento? Riscopriamo la gioia dell’inutile, del concetto astratto senza applicazione che è proprio della poesia più alta.

È il problem solving, mi dicono i colleghi. Dobbiamo insegnare a risolvere problemi, la lettura di un testo, sono le competenze. Ed in nome delle competenze (qualcuno un giorno mi spiegherà cosa sono le competenze, se ne parla da anni e ancora non ho sentito una definizione ragionevole e ragionata, ma solo tante parole per riempire carta, convegni, documenti e le tasche di chi si costruisce una fortuna con l’idea del momento), in nome delle competenze possiamo buttare via una delle più grandi conquiste intellettuali dell’umanità: l’astrazione matematica. Ci sono voluti più di duemila anni per renderci conto che la matematica non parla (solo) del mondo reale, ma è un’attività che ha una sua dignità astratta indipendente da qualsiasi applicazione. Fare matematica significa saper risolvere un’equazione di secondo grado (per dire) indipendentemente dal fatto che rappresenti il moto di un corpo soggetto ad accelerazione costante, l’energia potenziale di un’oscillatore armonico, le piccole oscillazioni dell’asse di una trottola durante il moto di precessione, l’andamento di un certo titolo in borsa o il segnale elettrico del cuore di un topo della Birmania. Ed è proprio nell’astrazione dal problema specifico che risiede la sua natura più profonda e la sua bellezza (si può ancora parlare di bellezza a scuola? anche se non serve a nulla?).

Prevengo la critica dicendo subito che non sono ovviamente contrario ad insegnare anche la matematica in un contesto applicativo. Anche. I miei studenti e le mie studentesse sanno lo sforzo che faccio quotidianamente per inquadrare la matematica anche nel suo contesto di linguaggio scientifico, con applicazioni in fisica, economia, biologia etc. Ma lo si faccia non in modo esclusivo, ma a supporto di un’idea comunque astratta e dignitosa ed indipendente della matematica. Altrimenti la si tolga dall’insegnamento come materia fondante, si può tranquillamente fare durante le ore di fisica (o di altra materia) tutta la matematica che serve. Ma se si decide di avventurarsi sugli aspetti applicativi (ed io sono favorevole), lo si faccia sul serio e per bene. Non si inventino problemi assolutamente improbabili e (mi scusi) ridicoli su mastri vetrai o su meteoriti che si scontrano (parlo del primo problema; bisognerebbe accertarsi, al Ministero, sul significato delle parole, provi a capire cos’è un meteorite e perché non può scontrarsi con alcunché se non il suolo terrestre. Ma questo è un altro discorso.). Si pretenda da chi costruisce problemi da dare ai nostri ragazzi ed alle nostre ragazze serietà e competenza. Si costruisca un problema reale, anche di fisica perché no, in cui la matematica sia un punto cardine per la soluzione. Altrimenti si farà solo una parodia, piuttosto indigesta a mio avviso, della matematica e delle sue applicazioni.

Mi sono dilungato anche troppo e non sono nemmeno sicuro che il messaggio che volevo far arrivare sia arrivato. Le chiedo solo questo, Ministro, da insegnante e da padre. Non privateci della matematica pura nell’insegnamento superiore, non togliete uno degli ultimi fertili terreni di fantasia che il reale ancora non è riuscito a corrompere. Lasciateci la poesia dell’inutile, almeno a scuola.
Cordiali saluti, un professore confuso. Riccardo Giannitrapani

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