lunedì 31 dicembre 2012

Tavolo conviviale

Fabio Brunelli Antonella, Lucia e Franca: strani orologi e aritmetiche finite

Didattica a piè sospinto

E gli insegnanti? Didattica di ogni tipo, a piè sospinto, vera/falsa, autentica e autenticata, pur di non vedere che la matematica sono i software i codici le macchine elettroniche i devices digitali: che sono essi stessi 'La Matematica', e vediamo una buona volta di capirci, caspita.  Matematica diffusa in forme eteromorfe, matematica di grandi numeri, matematica nella realtà diffusa delle cose e indotta ad esistere ben oltre il suo aspetto dimesso tradizionale: algoritmìe immobilizzate nelle case dei signori e forme isolate in ambiti ridotti e speciali.
Questa scuola che inchioda lo studente al suo banco non s'addice a Cattelan, 
ma è sempre utile all'arte, è evidente.
zeman: "tutte le grandi squadre [e citava intanto]
hanno mai rinunciato al loro gioco"
 
da-new-york/2011/mostra-all-cattelan Il Guggenheim Museum di New York ha dedicato una retrospettiva all’artista italiano Maurizio Cattelan, intitolata All.  Le 130 opere in esposizione non sono state disposte in modo tradizionale – ordinato e cronologico – negli spazi laterali alla grande rampa a spirale del museo progettato da Frank Lloyd Wright: ma come in altre occasioni precedenti è stato sfruttato lo spazio centrale circondato dalla rampa, su cui i visitatori si affacciano dai vari piani per vedere le opere, tutte appese al soffitto, ad altezze diverse, con cavi e corde. La novità rispetto ad altre installazioni sta nell’affollamento delle opere radunate tutte assieme, che danno così l’impressione disordinata e omogenea insieme della carriera artistica di Cattelan: All, appunto.

domenica 30 dicembre 2012

la conferenza

Ultimo ripasso prima di tenere la conferenza

la conferenza "La terra vola?"

Nella prima conferenza, dal titolo "La terra vola?", Carlo Rovelli ci ha parlato della teoria cosmologica di Anassimandro, filosofo presocratico allievo di Talete (Mileto, 610 a.C. circa – 546 a.C. circa)

Nella realtà

Fabio Brunelli  :-)

Testi tosti

da Denis De Rougemont  "L’istruzione pubblica è una peste" 
tecniche di sopravvivenza per scolari e insegnanti d'altri tempi.
Dall’età di sei anni s’istruiscono i nostri bambini a non porsi domande di cui non abbiano appreso la risposta a memoria. Guardate uno scolaro eseguire i compiti, è sorprendente: impara le domande altrettanto bene delle risposte. Bisogna riconoscere che con questo non so che di declamatorio, di… giornalistico, di ampollosamente vuoto, questo vi dà una certa aria democratica… e d’altronde voi amate le idee generose, non è vero?

Ne ero sicuro. Ciononostante ho paura che il mio progresso non sia il vostro, e anche che la sua natura lo conduca in una direzione completamente opposta.

C’è molta malevolenza nell’aver inventato uno strumento di progresso: bisogna ancora saperlo mettere in moto - e dove portarlo? Ci sono molte strade, ma voi non amate il rischio, preferite il surplace. Così l’istruzione pubblica si è fermata ai dintorni del 1880 e da allora non si è più mossa. Il motore non consuma di meno, e non ha smesso di borbottare e di appestare tutto. E poco a poco il pubblico si rende conto che "lo strumento di progresso" non è che un camuffamento sotto il quale si distilla il radicalismo integrale. Mi si farà osservare che molti serventi della macchina sono socialisti o conservatori: ecco che questo non cambia il rendimento, l’immagine né la natura dei prodotti secreti.

Ammetto che trovo tutto questo molto forte: aver ottenuto un conformismo della curiosità. È vero che non ci vorrebbe di meno per assicurare la sicurezza di un regime stabilito nelle poltrone; perché un popolo di elettori fantasiosi sarebbe a volte tentato di tirare bruscamente queste sedie, scherzo ben noto e che ridicolizza immediatamente le sue vittime.In fatto di scherzi, fingerete di trovar buono questo: io sostengo che la scuola è un’istituzione conservatrice. - Nemmeno questo! Essa è destinata a legittimare con la forza dell’inerzia e a perpetuare tutto ciò che viene dopo Numa.

Conservatrice e non reazionaria, no, per nulla. Perché le forze di reazione collaborano a loro modo al progresso, correggono, stimolano, vivono. La Scuola si accontenta di essere fossilizzata. È un freno? Neanche. È piuttosto una melma in cui sprofonda la nostra civiltà; e dove la Democrazia può conservarsi ancora per secoli… Ora, se dico che la Scuola è contro il progresso, è perché il progresso consiste nel superare la Democrazia. E questa tesi non va contro l’evoluzione naturale dell’umanità, come tuttavia non mancherete di dire, con il senso del cliché che è un omaggio ai vostri maestri.

Per mezzo dell’istruzione pubblica, la Democrazia limita l’uomo al cittadino. Si tratta dunque di oltrepassare il cittadino, di ritrovare l’uomo tutto intero. In questa operazione distinguo due fasi: prima criticare l’esistente - attraverso il confronto con ciò che fu, o che dovrebbe essere; poi, preparare il terreno per i nuovi giochi che l’umanità del futuro non mancherà di inventare. Non posso trattenermi dal vedere un intento provvidenziale in questo amore della distruzione e dell’anarchia che è in noi - ancora pochi lo ammettono. Perché forse la nostra generazione dovrà limitare i propri sforzi a distruggere, radere al suolo, e fare dei segni nel vuoto con la possibilità di correre grossi rischi.

Criticare il presente nel nome del passato non significa desiderare un ritorno al passato. Ma prendere in considerazione i regimi antichi può condurci a constatare, nulla di più, che il nostro sedicente progresso sociale corrisponde a un arretramento umano. Per esempio, è un progresso aver rimpiazzato le gerarchie tradizionali, con tutto l’ampio sfondo di poesia e di grandezza che questa parola comporta - quali ne fossero allora le realizzazioni - con delle gerarchie da mezzemaniche la cui origine è un ripiego, il cui metodo è la poltroneria redditizia, il cui spirito è la gelosia irrancidita armata di pedanteria, per non parlare del decoro, degli odori, della polvere, delle piccole abitudini sordide e di quella materia raramente “igienica” che definisce la nostra epoca: la scartoffia?

Questa critica del burocraticismo, state per dirlo, è un’accozzaglia di luoghi comuni. Ma ce n’è bisogno, ahimè, tanto più che la maggioranza degli elettori li considerano come tali. E non mi considererò battuto quando mi si sarà fatto notare che la maggior parte degli intellettuali sono convertiti da tempo a queste idee antidemocratiche: è tempo che esse sconfinino da questa cerchia ristretta e distinta. Ci sono da fare le grandi pulizie, c’è da creare un’intensa corrente d’aria che porterà con sé tutte queste statistiche e questi giornali, ne resterà sempre abbastanza per accendere fuochi di gioia, ecc. Bene. Immaginiamo che tutto questo sia stato fatto. Respiriamo. Ma voi mi aspettate già al varco e m’intimate di dire in che modo, ora, intendo comportarmi per preparare i tempi nuovi. Domanda enorme. Avrò l’ingenuità non meno enorme di abbozzare qui la risposta che le riservo?

L’istruzione pubblica è la forma più comune della peste razionalista che imperversa nel mondo dal XVIII secolo (dopo le ultime pesti nere). Se approfondite un poco la nozione di democrazia, scoprirete presto che essa si fonda su postulati razionalistici. In verità, democrazia e razionalismo non sono che due aspetti, uno politico, l’altro intellettuale, di una stessa mentalità. Essa si è sviluppata nel XVIII secolo nell’aristocrazia, che vi vedeva niente di più di un gioco. Durante tutto il XIX secolo essa è scesa nella borghesia e nel popolo; e qui è diventata una tirannia. Prima c’erano la Ragione e i sentimenti. Ora ci sono il razionalismo e il sentimentalismo.

Questo razionalismo trionfa non soltanto nei princìpi democratici e in quelli della Scuola, ma anche in tutta la moderna conduzione della vita. È il nostro americanismo e la nostra aridità sentimentale. Ed è il grande impedimento interiore di cui soffre la nostra immaginazione creativa; esso isterilisce le nostre utopie ed impedisce loro di diventare altro che utopie. Si tratta in primo luogo di smascherarlo e di dargli la caccia ad ogni passo della nostra vita. Ma questo primo obiettivo costituisce un programma così ricco che è superfluo formularne un secondo. Lasciamo questo pensiero a generazioni più libere d’immaginare, in grado di beneficiare della nostra collera giacobina e di questa formidabile esperienza negativa che sarà durata almeno due secoli.L’evoluzione dell’umanità sembrerebbe conforme alla dialettica hegeliana; vi si ritrovano facilmente le triadi: essere - negazione dell’essere - nuovo essere. La nostra epoca sarebbe il secondo tempo di una di queste triadi. Il suo razionalismo nega l’essere sotto tutte le sue forme, traduce tutto in relazioni e vuole rendere ogni relazione cosciente, ossia, per lui, calcolabile, computabile. Nella misura in cui ci riesce, uccide le esistenze particolari, a meno che queste non siano già morte. Ma verrà il tempo in cui esse rinasceranno ad una vita nuova e più completa, ad un grado superiore di incoscienza, se così posso dire. Allora toccherà all’istinto integrare la ragione.

Credo che ci stiamo avvicinando a questo tempo. E che il vero progresso vuole che si contrasti tutto ciò che ostacola questo avvento. È per questo che rivendico l’espulsione della congregazione radicale degli insegnanti.Mi si domanda ancora che cosa metterei al loro posto. E dal momento che non propongo niente di preciso, si canta grossolanamente vittoria.Avrei voluto vedervi chiedere a un suddito di Luigi XIV che cosa concepiva in luogo della monarchia assoluta. Ci sarebbe voluta certamente una fantasia prodigiosa al predetto suddito per rappresentarsi appena vagamente la nostra attuale civiltà. E anche Diderot, anche Rousseau, alla vigilia della Rivoluzione, sospettavano forse che la repubblica ricercata si sarebbe abbandonata, appena cent’anni dopo,a questo ballo di San Vito politico di cui niente, nel loro tempo, poteva offrire la minima prefigurazione?

Bene, deducete da questa similitudine le formidabili possibilità che ci riserva il secolo a venire, e comincerete a comprendere che il vostro scetticismo nei confronti della forma sociale che invochiamo senza conoscerla e che già si elabora segretamente, che questo disprezzo e questo scetticismo sono di un ridicolo schiacciante, sotto il quale non tarderete a perire. [Denis De Rougemont - L’istruzione pubblica è una peste razionalista  da Il Riformista, 30 novembre 2005]
(stay tuned)


NOTE
Non amo lo studio, non l'ho mai amato in verità. L'ho subito per tanto tempo che solo ora mi rendo conto quanto mi abbia stremato - salvo pochi anni d'esordio,dai miei quattro a sei anni.
Un'attività coatta che superavo socializzandola per forza, per così dire, cioè studiando mai da solo e sempre con un compagno, spesso in gruppo, e allargando l'ambito con scambio degli appunti a lezione, sintesi, testi recuperati sempre altrove; come se giocassi a pallone o facessi i bagni a mare con gli amici. Rompevo così almeno l'accerchiamento dei dotti, non potendo rivendicare i ciuccioni (non ero così bello e tosto).
In effetti non amo la cultura. L'ho subita e l'ho sopportata sempre per la possibilità di incontrare con essa gente sconosciuta o lontana nello spazio o nel tempo.
Questa premessa, e l'altra, per dire quanto mi venga da lontano il rifiuto della scuola. Sopra tutto la scuola buona, quella che la violenza coatta della cultura te la fa introiettare senza parere. Almeno i cattivi maestri infatti sono palesamente mauvaises e spuntati.

In fondo noi trattiamo di scuola come addestramento e quando passiamo ai toni alti con la questione della formazione umana, della scuola dei maestri di vita, facciamo danni incommensurabili.

L'addestramento è galera visibile, la formazione che si specializza in Forma Scuola è pura crudeltà moderna.
La "scuola" pubblica dello stato dovrebbe essere chiusa una volta per sempre, e basta. Almeno in un paese civile, occidentale, a struttura liberale e aperta. Poi, naturalmente, liberi di farla a proprie spese, ovvio.



Mi ha sempre colpito in Emma, la Castelnuovo poco Bovary e molto Gustave, il come si ponesse con i suoi ragazzini tra uguali, senza neanche le rettoriche del lavoro comune, almeno quelle che elaborano specificamente la materia che trattano - senza lasciarla respirare en plein air nei tratturi con cui si guadagnano gli alti piani. E Célestin, nostro Freinet? Spudorato, come don Lorenzo del resto nella sua pulsione pedagogica, in ogni caso rompe il senso comune: e quindi questo è bene se pensiamo a dove fossero questi nostri eroi ribelli. 



Della mia vita scolastica rivendico, sia chiaro, non un generico ribellismo - del quale non facevo carico più di tanto alle pratiche tra i banchi e le cattedre - ma la testimonianza, l'esperienza del dissidio. 

(Oggi tutto ciò è maturo, pregno: ha solo da essere partorito nei posti e nei momenti giusti). 



sabato 29 dicembre 2012

[città (e campagna) elettorale] un mese alle elezioni

L’istruzione pubblica è la forma più comune della peste razionalista che imperversa nel mondo dal XVIII secolo (dopo le ultime pesti nere). Se approfondite un poco la nozione di democrazia, scoprirete presto che essa si fonda su postulati razionalistici. In verità, democrazia e razionalismo non sono che due aspetti, uno politico, l’altro intellettuale, di una stessa mentalità. Essa si è sviluppata nel XVIII secolo nell’aristocrazia, che vi vedeva niente di più di un gioco. Durante tutto il XIX secolo essa è scesa nella borghesia e nel popolo; e qui è diventata una tirannia. Prima c’erano la Ragione e i sentimenti. Ora ci sono il razionalismo e il sentimentalismo. [Denis De Rougemont]

 Nel downtown le case (buildings) ti vengono addosso, ma basterebbe non alzare gli occhi al cielo su questi mostri astratti e fessi, come si fosse al paesello, in campagna. Io a S.Francisco l'ho fatto perchè non ero mai stato in città (Roma è il paesello) e non lo sapevo,  e così se ci ritorno su ogni volta è il terremoto, senza crolli ed urla, ma caspita.
 Ma non è questo il punto: il fatto è che nessuno ne parla, perchè succede solo a me? O perchè siamo ormai tutti idioti, e non c'è nulla da fare.
 La città elettorale è la fiera ideale di questa banalità conformista. Per cominciare si chiama "campagna elettorale". Vi si sciorinano tutte le mezze verità e si glissa sulle grandi, prima tra tutte La Scuola, manco a dirlo pubblica, salvifica, generale, e amen.
E la Mozione degli Affetti a piene mani - è il sentimentalismo appunto che finge la socialità più sconfortante.

| maragliano | (..) l’organizzazione tradizionale della scuola è rimescolata profondamente. L’immersione della scuola nella nuova mediasfera ne cambia il senso, senza però riuscire a cambiarne abbastanza velocemente la struttura operativa. E poiché la nuova mediasfera racconta la contemporaneità, la scuola perde il suo contatto funzionale tradizionale con la società, faticando però a costruirsene uno nuovo. |
Questa (intelligente) è parte di una narrazione in voga che con il linguaggio castrato dell'apparato evita accuratamente di uccidere la gallina dalle uova d'oro dell'intellettuale d'area e del sindacalista con distacco: la Scuola Burocratica, che fin quando esiste... Cinquant'anni da quando li sento che ripetono libri e lezioni simili, così DenisDeR. fa la figura del pazzo, la faccia del folle. Ed io con lui a dissimulare passo passo gioventù e forza negli stalag d'europa.


 E a proposito sempre di visioni e di crolli, di vertigini interne, venendo da Parigi, una stretta alla bocca (dello stomaco) sulle Alpi occidentali e poi sulla Maremma, via anche le linee aeree dal mio orizzonte urbano: perchè di questo si tratta, non c'è più campagna nè sulle Alpi appunto nè sulla Toscana verdeggiante per le tornate elettorali, la città è sempre più un modus vivendi, un plastico a dimensione reale da sorvolare in tempo irreale. Una gita a Rimini e Riccione, a visitare l'ItaliaInMiniatura coi maestri e le mamme appresso. 
Questa critica del burocraticismo, state per dirlo, è un’accozzaglia di luoghi comuni. Ma ce n’è bisogno, ahimè, tanto più che la maggioranza degli elettori li considerano come tali. E non mi considererò battuto quando mi si sarà fatto notare che la maggior parte degli intellettuali sono convertiti da tempo a queste idee antidemocratiche: è tempo che esse sconfinino da questa cerchia ristretta e distinta. Ci sono da fare le grandi pulizie, c’è da creare un’intensa corrente d’aria che porterà con sé tutte queste statistiche e questi giornali, ne resterà sempre abbastanza per accendere fuochi di gioia, ecc. Bene. Immaginiamo che tutto questo sia stato fatto. Respiriamo. Ma voi mi aspettate già al varco e m’intimate di dire in che modo, ora, intendo comportarmi per preparare i tempi nuovi. Domanda enorme. Avrò l’ingenuità non meno enorme di abbozzare qui la risposta che le riservo? 

venerdì 28 dicembre 2012

un conformismo della curiosità

{[(città elettorale) Denis de Rougemontmanco a dirlo!}
Ammetto che trovo tutto questo molto forte: aver ottenuto un conformismo della curiosità. 
È vero che non ci vorrebbe di meno per assicurare la sicurezza di un regime stabilito nelle poltrone; perché un popolo di elettori fantasiosi sarebbe a volte tentato di tirare bruscamente queste sedie, scherzo ben noto e che ridicolizza immediatamente le sue vittime.




ed ecco ruzzle decerebrato ad hoc dalla città elettorale

giovedì 27 dicembre 2012

a sensile o a scaloccio o anche a terzarolo

La vita non è facile sulla galera, con gli spazi di bordo rigorosamente misurati. Sacrificato al massimo il “palamento”, cioè gli addetti al remeggio che si dice “a sensile” quando ogni rematore ha il suo banco, a “scaloccio”con più rematori per remo, o “a terzarolo” quando il banco serve a tre rematori da cui il nome improprio di “trireme”. Si trovava imbarca una massa d’uomini assai numerosa ed eterogenea tenuta in riga da una disciplina feroce. [web alice]



L'uso di metafore è a doppio taglio, perchè sempre di arma si tratta. Usciamo dunque allo scoperto e parliamo di noi.
"La parte centrale presentava una lunga passerella, la corsia, su cui agivano gli armati e….gli aguzzini."
I tempi nuovi invocati dalla città elettorale sono tra noi, la realtà offre sempre più di quanto noi si possa chiedere o soltanto immaginare, ma ci scopriamo terribilmente inadeguati, sia come individui che come gruppi. Per questo osiamo proporre rimedi al minimo livello come nella questione della scuola: chiuderle tutte e liberare le risorse che vi sono imprigionate - ed ecco qui viene bene il discorso sulle galere. {Affrontiamolo in [campagna elettorale, meglio in città, comunque. (Punto per punto ClicClic)]}, ancora una volta.





a - chiusura delle scuole pubbliche statali e divieto totale di armare galere anche a solo scopo difensivo etc etc; ove ciò non fosse praticabile immediatamente, passare al punto b.
b - blocco totale delle assunzioni di insegnanti a tempo pieno  e accordo con aziende e altre realtà produttive del territorio per una Scuola Dei Laboratori con la condivisione part time a scopo didattico del lavoro di loro dipendenti: un biologo insegnerà procedure operative ad una sola classe utilizzando tre-cinque ore settimanali del suo orario di lavoro; un ingegnere farà problem solving un giorno alla settimana come laboratorio in una scuola vicina alla fabbrica utilizzando spunti dall'attualità della produzione; un medico della struttura ospedaliera guiderà per un giorno a classi integrate Metodi di Osservazione e Misura per gli insegnamenti di Chimica Fisica Matematica etc; tirocini per la competenza linguistica degli studenti guidati da dottorandi universitari, organizzati e strutturati annualmente in relazione alle ricerche in atto (collaborazione a i momenti di rilevamento dati, per esempio! in cui i ragazzi debbano confrontarsi con il metodo di ricerca universitario, da un canto,  e con le difficoltà espressive dei 'campioni' trattati dall'inchiesta statistica); utilizzo dei quadri delle aziende in crisi come docenti di laboratori interdisciplinari a cui affidare parte delle ore dei docenti a tempo pieno della scuola (sarebbe fondamentale per l'insegnamento di Matematica e Osservazioni Scientifiche nella primaria o per l'autocostruzione di strumenti alle elementari);  
Così verrà liquidata, si spera, una volta per tutte l'infame credenza che chi sa debba fare, e chi non sa debba insegnare [ .. l’infame Franti sorrise e la sventurata Monaca di Monza rispose]

mercoledì 26 dicembre 2012

una modernizzazione del sistema

Proposte sulla scuola, per una modernizzazione del sistema, che ancor prima di essere svelate trovano sulla loro strada Pierluigi Bersani: il candidato premier del centrosinistra, ancora via Twitter, attacca ricollegandosi all'idea della chiusura estiva degli istituti. "Prima di parlare di allungare o accorciare vacanze estive, teniamo le scuole aperte tutto il giorno per attività didattiche - scrive il leader del Pd sul social network - ..."
Evvai ( Eddai!?! )
Tornando sul tema nel 1965, De Rougemont ribadirà il concetto: «Non si tratta perciò di rimediare a un difetto di democratizzazione della scuola elementare, ma ...

un bambino che gioca per lavoro

osservare con interesse un bambino che gioca per lavoro ci può insegnare il carnevale

quale lavoro lo dice il Gran Freinet destinato alla condizione di grande invalido di guerra, con diritto alla pensione massima rifiutò questa condizione e nel gennaio del 1920 fu nominato maestro nella scuola di Bar-sur-Loup. (Paraloup è in Italia, assonante e simile). Quando Freinet fa la sua prima esperienza di maestro in un paesino di montagna, ha ventitré anni ed è reduce dalla guerra, con i polmoni lesi, il che inizialmente lo sollecita all’elaborazione di tecniche che gli permettano di «spolmonarsi meno». L’aula che lo accolse era simile a tante di quell’epoca: "banchi disposti in file rigide, predella per il maestro, attaccapanni fissati al muro, lungo i muri grigi qualche carta geografica della Francia, alcuni cartelloni murali del sistema metrico, simbolo d’immobilità e di silenzio”. L’ambiente malsano della classe impediva a Freinet di far scuola al chiuso e si accorse che le lezioni tradizionali affaticavano i ragazzi, quanto lui stesso. Egli avvertì subito l’esigenza di modificare profondamente i contenuti e i metodi dell’insegnamento tradizionale: verbalistico, nozionistico, impartito uniformemente da un insegnante che domina la scena, sostanzialmente autoritario e repressivo anche se svolto con buona volontà e buone disposizioni. Quel modo di lavorare era un fallimento. 

  Freinet, maestro di strada.  Dunque gli insegnanti presi dalle strade dagli opifici dalle scuole  dagli uffici da dove capita e, come unificanti, i depositi vivi di tecniche ben provate ( e segnate dai maestri) dall'uso.
  Io m'ero formato in proprio una provvista di problemi e di soluzioni condivisa a distanza da libri e con riviste, con gruppi meno virtuali in sè. Ora con google tendenzialmente puntare ai modi e alle mode delle community di sviluppo in rete, à la manière de.
  Questa è una scuola basata sugli insegnanti e sui precetti. Quella di Emma poggia sugli studenti essendo lei mimetica nell'esercitare tra i banchi. Deve diventare semmai una scuola strutturata sulle tecniche ( vedi ) condivise dagli studenti in campo, quasi fossero soli. E gli insegnanti impegnati con riferimento puntale a queste reti di conoscenze visibili e orientate    esplicitamente alla scuola: scalabile (un orto botanico può essere utile con le sue conoscenze ai bimbi e agli universitari, può fornire immagini e schede, ma anche dei naturalisti in cattedra per le ore che servono - ndr - una ASL può curare i ragazzi in gruppo e con la didattica piena di numeri familiari ai discenti, di esplorazioni e saperi raggiungibili in presenza diretta, comuni ai docenti dedicati quel giorno e per il tempo utile ad accumulare un quadro sanitario che dica qualcosa di indimenticabile - ndr), distribuita, variamente costosa, incrementabile, monitorata in trasparenza.

  Emma ispiratrice, suo emulo l'Allievo, e come tale "traditore".

  Si tratta del De Profundis per l'uomo rinascimentale invocato a sproposito nel caso del professionista contemporaneo.  Quest'equivoco viene da lontano {1860, [(..) galantuomini  colti e aperti, di fronte ad una popolazione ignorante e depressa. Ma ognuno di essi, spinto dalla propria genialità, era un outsider dell'insegnamento, che usa della cattedra per naturale bisogno di espressione e guarda alla scolaresca come una platea, come spunto attivo di ispirazione.] La matrice del professore liberale "napoletano" nel quadro poi della scuola dell'Italia unita} e si propaga per 150 anni intatto perchè, come ebbe a dire Emma, l'unica chance del professore pubblico dell'Italia in matrice liberale - e individualista e anarchica (!) - è stata data dall'assenza di capacità e volontà di controllo dello stato, e della politica, sulla massa degli insegnanti reclutati genericamente nel dopoguerra, in specie negli anni susseguenti, anche dalle università e tenuti in un limbo economico a non causar danno al manovratore di destra e di sinistra.
  Oggi la minaccia al rinnovamento della formazione di base viene da altro, la mitica delle tecnoscienze e la soggezione obiettiva del mondo globalizzato al modo di produrre altamente tecnologico del digitale. La si respinge efficacemente, senza per questo ritornare nell'angolo della formazione umanistica, se si comincia con il condividere le conoscenze individuali in un quadro di attività simili in luoghi e situazioni diverse: questo si può già fare, facendo rete in rete, facciamolo e vedremo che Emma Freinet Basaglia Lorenzo ci verranno incontro di sicuro.



martedì 25 dicembre 2012

lo scenario attuale

un leader democratico liberale non può indirizzare le scelte di cambiamento di un paese
che vengono determinate da ben altre forze in campo
- si possono secondarle surfando, questo sì.
Negli anni del boom economico, con l'uscita dall'umiliante penuria, era il benessere la forza propulsiva vincente su cui decollarono la ribellione giovanile e la "modernizzazione" italiana.
A 30 anni di distanza il dilagare delle tecnologie, in specie di quelle digitali e di rete, e la globalità.
Sono 20 anni che frequento attivamente i selvaggi del codice, surfando l'onda di propagazione tecnologica in cui essi si muovono come pesci nell'acqua.
M' è venuto di scrivere queste note dopo un servizio [ahò] televisivo sui giovani telematici digitali che, intervistati ad hoc, dichiarano le loro preferenze elettorali: alla domanda "Chi è per voi il presidente del consiglio ideale?" rispondono garruli Stiveggiob, ovvio! cioè un mega-bottegaio carognetto e tosto.
Ecco chi dovrebbe, di fatto, determinare la civiltà italiana del lavoro e della cultura; come dicevo li conosco, li frequento dall'inizio.
Negli anni ottanta li incontravi all'incrocio della diffusione dei personal computers e dell'elaborazione di sistemi operativi e di applicazioni - molto diffusi e da incrementare, scalabili, da condividere senza riserve.
Era tanta la forza vitale che percorreva la società nel profondo, dopo la triste rimonta degli anni settanta.

Ed ecco gli anni novanta ultimi del secolo e gli anni zero, e siamo nello scenario attuale. Si deve parlarne.

{[città (e campagna) elettorale] la scuola dei media e delle reti digitali}

  La strada è tracciata da tempo nel mondo. Mentre decollava nel sessantotto la modernizzazione italiana, negli united states la pedagogia dei media integrati, i linguaggi pubblicitari e della produzione, erano campo multinazionale consolidato in america giappone e collegati. Ora funziona anche qui, ma come?

  E veniamo dunque alla Città Elettorale che ci preme dappresso, ecchè si può dire di tutto (e di più) ma nessuno può negare che siamo i principi dell'imitazione; per l'originale si ha da essere ricchi e in società, esserlo intimamente e fattualmente. Si realizza invece una scatenamento morboso delle pulsioni più varie, che insieme formano un quadro finto in cui si muovono e rappresentano veri fuorilegge frutto di una selezione culturale da non credere. L'abitudine consolidata a muoversi nell'incertezza ha rafforzato un tipo caratteristico, quello che può esprimersi con disinvoltura in un quadro ambiguo e compromesso come in piena luce en plein air.
  L'americano ci sembra sempre il cazzone, dicesi cazzone americano, cogliamo bene e irridiamo i suoi modi e la sostanza del confronto aspro di ogni capitalismo da ottocento anni nel campo occidentale: noi contiamo di passarlo, zomparlo, noi che la sappiamo lunga, che ne abbiamo passate tante - ed ora basta!  (tocca a noi godercela)
  Tanto tutto passa, passerà anche questo, dopo che io l'ho fatto.

lunedì 24 dicembre 2012

Festa mobile

Care amiche, cari amici, salto a piè pari la dissertazione sulla legittimità di molti dei compiti che lo Stato ha avocato a sé, limitandomi ad unʼaffermazione perentoria: il finanziamento, la gestione e il controllo della scuola pubblica è uno dei compiti di cui lo Stato si è appropriato nella maniera più completa e invasiva possibile.
Il motivo ufficiale di questa appropriazione lo conosciamo, ce lo ripetono instancabilmente i socialisti di tutti i partiti: lo Stato deve garantire a tutti lʼistruzione di base. 
Peccato che da quello che a prima vista sembrerebbe essere un obiettivo condivisibile discenda poi unʼattuazione pratica assolutamente inaccettabile: infatti una cosa è proporsi di garantire a tutti lʼistruzione di base, unʼaltra adoperarsi nei fatti per garantire a tutti la stessa istruzione di base. [Rivo Cortonesi]
{[città (e campagna) elettorale] libera scuola in libero stato}

Questo potrebbe essere un Carnevale (con quaresima e resurrezione) oppure una Città Eletta, in Paris-festa-mobile degli anni belli. Comunque la metti, rimane un delirio: gli eletti in città saranno simili agli eletti in campagna e cioè finti, trattasi di ordinaria somministrazione per via democratica, per così dire, di funzionari di fronte e di profilo.
Per respirare l’atmosfera di quegli anni magici, si percorre rue de l’Odéon, dove al numero 12 si trovava la libreria di Sylvia Beach, “la deliziosa pettegola” grazie alla quale Hemingway entrò in contatto con gli scrittori più famosi. Raggiunta place de l’Odéon, dove si trova il celebre teatro, si può fare una sosta al Café Voltaire: qui Ernest sedeva per ore a chiacchierare con Sylvia. In zona c’è anche il Café de la Paix, dove i coniugi Hemingway festeggiarono con un pranzo il Natale del 1921. L’anno successivo lo scrittore si trasferì in rue Descartes, all’angolo con rue Cardinal Lemoine: nel 1926, per la giornalista di Vogue Pauline Pfeiffer, si spostò a Montparnasse, in un appartamento al 60 di rue Froidevaux, davanti al cimitero.
Un linguaggio metaforico allusivo (a carnevale ogni scherzo), il mio, e una proposta chiara in reazione a confronto, eccola

1) i concetti di scuola pubblica e di scuola privata vengono aboliti: per far questo i Liberisti chiedono che il Gran Consiglio voti ogni anno un credito destinato alla scuola Media e unodestinato alla scuola Media superiore, e che questi due crediti vengano ripartiti tra tutti gli alunni iscritti all’una e all’altra scuola; 2) le famiglie avranno la libertà di iscrivere i propri figli nella scuola di loro gradimento,purché ubicata sul territorio cantonale;  3) ogni scuola riceverà un sussidio pubblico proporzionale al numero di allievi iscritti;4) ogni scuola disporrà di ampia libertà direzionale, pedagogica e programmatica;5) ogni singolo istituto potrà ampliare i propri mezzi finanziari a disposizione, accettandofinanziamenti e donazioni private; sono esclusi contributi di strutture pubbliche o parapubbliche, nazionali od estere;6) tutti gli istituti assumeranno lo stato giuridico di Fondazione e, a seconda della loro salute finanziaria, potranno, a loro discrezione, rinunciare in tutto o in parte per i propri alunni ai sussidi cantonali, che in nessun modo potranno però essere utilizzati per favorire altri istituti;7) ogni nuovo progetto scolastico dovrà ottenere il preliminare avallo delle autoritàcantonali, cui compete solo di vigilare che esso:7.1) non metta in pericolo la salute e la sicurezza fisica degli allievi,7.2) non fomenti odio,7.3) educhi al rispetto delle più elementari regole di convivenza civile

domenica 23 dicembre 2012

[città (e campagna) elettorale] libera scuola in libero stato

Comunque la metti, rimane un delirio: gli eletti in città saranno simili agli eletti in campagna e cioè finti, trattasi di ordinaria somministrazione per via democratica, per così dire, di funzionari di fronte e di profilo.
Intanto, Una scrittura continuamente metaforica mi sfibra (Roland Barthes)
I luoghi d'elezione sono i più diversi, a volte sono a tempo, non hanno nulla a che fare con le elezioni dei rappresentanti del popolo, e non vi dico perchè. Hanno un chè d'elevato, qui sono le taniche dell'acqua distillata c'attende nel cortile al sole di salire salire verso i laboratori d'analisi; il bidello non vuole, dice "Non mi tocca!" e 'a rota gira.
Il mansionario dice: questo questo e questo. Poi, quest'altro, no. Operai metalmeccanici affinano i contratti per negoziazioni minime (ma preziose) snervando il quadro sociale della produzione mentre quieti burocrati sindacano altrove le cose massime, la vita stessa di istituzioni o di altri presidi, imprestiti.

’" il Cav Pervenne a far correre trafelati bidelli a un suo premere di bottone su tastiera, sogno massimo dell’exagitatore massimalista".
  Come ha osservato la critica, anche questa opera gaddiana parte da un risentimento privato ed esorbita da tutti i generi letterari, (..) La ‘ventennale soperchieria’ viene presa a bersaglio per la criminalità puerile, per l’'ignoranza storica, per aver offeso il Logos, cioè la ragione, con una cascata di menzogne, falsi miti, frasi roboanti ad effetto, per aver voltato in farsa dei valori come la latinità, per la vocazione istrionesca e pecoreccia. (..) Il risentimento per il regime è tanto più forte quanto più G. vi vede stravolti gli ideali che lui, borghese moderato, fin da giovane aveva sempre sostenuto: l’'ordine, il lavorare con coscienza, il raziocinio, l’'organizzazione etica della vita sociale.
Sogna la moglie, sogna che il su' marito all'entrar ne' banchi riscota il saluto de' bidelli, del maggior numero possibile di bidelli... Carlo Emilio Gadda (da Eros e Priapo)

il terzo stato

Avreste dovuto incontrarlo come a me occorse per caso da voce di donna tra donne [roma, patrizia de clara, 1980 se non erro] questo Gadda superbo, sì, ed ora però non state a tenervi.
Le femine, per converso, trovarono ch'egli era il mastio de' mastii. Grate sempre a chi di loro si occupa o fa le viste occuparsi, elle perdono addirittura le staffe se quello le isguarda e le vagheggia ha tra le gambe un cavallo, o sotto il deretano del cavallo un sediòlo donde gli venga il bronzo alla faccia, quel bronzo che è l'unico vigore politico del Poffarbacco. La donna ama, sopra tutto, l'uomo a cavallo, dacché costassù ci sta chi comanda gli omini e li antecede per magnificenza del torace, anche se li trae verso la ruina e la rotta e il due di coppe al galoppo: la donna ama e sogna il militare a cavallo, il colonnello a cavallo, il tenente e il cavallerizzo a cavallo: gli sproni e' fanno un suggerimento crudele di quella inesorabile pressura che il mastio su di lei esercita, indagandone il mistero e isforzandone a voluttà la dilicata renitenza: il colbacco gli è un supersegno villoso e inusitato dell'ardire e del grave compito bellico, da far invidia a tutte l'altre che si contentano aver ganzerino d'un fante: gli alamari e le multiple olivine che li fermano allo sparato paiono enigmate di vasi e di giande; drupe e bacche fruttificate dal mistero organante, faventi amìgdale sopra la oblazione e la cura precipua. Lancia, o spada, poi, neanche parlarne, le propongono il più bel verbo. Ch'è il verbo infilzare. E quel caracollare e saliscender le reni, il busto, il collo, nell'alternazione cinematica comportata dal trotto sono il simbolo ossia la imago d'un altro cavallare e progredire, in un'altra disideratissima alternazione.La donna ama e reverisce chi comanda, chi trae dietro di sé i rimanenti. Sogna la moglie, sogna che il su' marito all'entrar ne' banchi riscota il saluto de' bidelli, del maggior numero possibile di bidelli. Voi mi direte che ciò comporta dinaio. Dirò che sì. Il geometra lo chiama ingegnere, lo studente trombato lo chiama avvocato, il cavadenti lo chiama dottore, l'empirico dell'erbe e de' cerotti lo chiama specialista e archiatra, il sonatore di mandolino lo chiama professore, e il sonatore in generale lo chiama un "jeune homme de beaucoup de mérite", un uomo di grande ingegno, com'è giusto. Da che lo ingegno è la parte studiata della chiave, e se quello sia un uomo di gran chiave lei lo può sapere sì o no, ch'io daddovero non lo so... [terzo stato

La questione del terzo stato, per esempio, possiamo leggerla nel blog che se lo intesta o {bargellini [in lizza per l'arte (delle esposizioni)] vallecchi '56} nel vecchio libro del rigattiere arabo alla Metro della Piramide: dovete cercare e troverete.
{bargellini [in lizza per l'arte (delle esposizioni)] Quei diritti che furono pomposamente chiamati "diritti dell'uomo", non erano, a guardar bene, che i dirittti del terzo stato, o come si dirà poi, i dirittti della laboriosa borghesia. Diritti cioè dell'industria, svincolata dalle corporazioni mediavali; diritti del commercio, libero da privilegi di casta. La libertà che su questa terra non esiste mai allo stato puro, significò, per la borghesia, libertà di fare i propri interessi, e quindi libertà di concorrenza.}
{bargellini [in lizza per l'arte (delle esposizioni)]  La tirannia industriale sotto la quale, nonostante le democratiche illusioni, il mondo gioisce e patisce, cioè vive, non conobbe altra parola d'ordine. Fu così che gli stemmi nobiliari vennero sostituiti dai marchi di fabbrica, e i motti cavallereschi cedettero il posto alle imprese e alle ditte commerciali.
  Fu così, che ai gloriosi capitani d'eserciti, successero i valorosi capitani d'industria, e ai governatori delle cittadelle militari si sostituirono i direttori di banche. L'aristocrazia venne abbattuta, perchè un'altra società ora era pronta a prendere il suo posto, in ogni settore.
  Al popolo fu concessa la passeggera orgia del terrore; dopodichè conobbe una disciplina molto più dura di quella dei servi della gleba. Nel campo militare conobbe le delizie delle coscrizioni napoleoniche, in quello industriale, le delicatezze della fabbrica.
  Non mancarono episodi di ribellione. pag 80}
convideo
 .|. e dunque noi che leggiamo in questa Città Elettorale, senza andare scendere salire in campagna, possiamo riconoscere i segni perduranti dell'uomo tra case e strade, fabbriche e duomi, classi e pluriclassi.|.Città in campagna, architettura polifunzionale e sopra la corona delle Serre innevata. Alle spalle la pre-Sila, dalle feritorie a nastro dell'emeroteca di campagna. Silenzio nelle sale, grave, incombente; eppure, da godere, mentre annotta la corona dei paesi s'accende nell'arco ampio dell'altopiano.


si proponeva anche come modello di comunità ideale che affrontava una serie di questioni nella relazione tra architettura, contesto geografico e condizione della società e quindi contraddizioni come quelle tra flessibilità e regole della forma architettonica, nella grande scala della relazione con il paesaggio antropogeografico. {corriere della sera}
L'ideale! La somma delle nostre illusioni presa per vera, l'ignoranza di ciò che si va a fare pretesa per verità del puro, la colpevole impunità del ruolo goduta al riparo del privilegio e scontata dal disastro che si compirà a breve, in trent'anni.. Ma non è solo sud o Calabria, eh. Andremo a vuotare nelle urne anche noi, dopo la campagna, la Città dura la ritroveremo proprio lì dove l'abbiamo lasciata, senza scampo, a vuotare, senza errori od omissioni.

sabato 22 dicembre 2012

Tecnologie della parola e dell'arte

  Meglio non fare storie si dice, e se invece fosse il caso di? alla Storia c'è già chi ci pensa, noi possiamo tirare calci altrove. Il che corrisponderebbe bene, perfettamente, a una esasperazione della personalità, alla sensibilità solitaria e quasi morbosa alla quale è arrivato il borghese. Con più grandi  e frequenti cambiamenti nel leggere e nello scrivere, e nel loro uso nella vita di tutti i giorninaturalmente
  Vedete bene che funziona, il testo, basta che si riferisca a qualcosa di vivo, urgente, con una sua necessità. In questi casi potrebbe essere il bisogno di ridefinire il campo, andare avanti. Così il digitale diffuso fa ora lo stesso effetto della stampa a suo tempo sulla gente comune, intesa come la gente in cui siamo dentro. E la sensibilità solitaria e quasi morbosa anche: lo sperdimento nella dimensione di massa è presente più che mai, la questione dello stato liberale è riproposta, e il senso della democrazia.



Fare (o non fare) storie
{[(..) l'anno dopo la caduta di Costantinopoli 1453, papa Niccolò V proclamò stampò un'indulgenza a favore di coloro che avessero contribuito con denaro alla difesa di Cipro contro i turchi. | Per circa quattrocento anni, fino agli inizi della fotografia, non vi fu uno sviluppo paragonabile a questo. Ma per tutti questi secoli le mode della visione continuarono a cambiare, conquistando nuove raffinatezze, o andando incontro a desideri comuni. Accanto a questi cambiamenti nella visione, si poterono annoverare sempre più grandi  e frequenti cambiamenti nel leggere e nello scrivere, e nel loro uso nella vita di tutti i giorni. Essi toccavano ciascun uomo e ciascuna donna, in qualunque cosa facessero o pensassero.] sir GeorgeClark, Le origini dell'Europa Moderna 1962 Garzanti}
{[(..) Al contrario l'arte moderna si distingue dalle precedenti per l'intensità di vibrazione lirica, per la squisitezza dei rapporti armonici. Corrisponde perfettamente a una esasperazione della personalità, alla sensibilità solitaria e quasi morbosa alla quale è arrivato il borghese. Si crede giustamente che questi caratteri siano le ultime manifestazioni di una società che ha fatto il suo tempo, e dall'attuale guerra nascerà nel sangue, secondo una terribile legge di vita, la società nuova. Ma finchè la nuova società non sarà nata, neppure l'arte nuova vagirà. (..) ] Bargellini, In lizza per l'arte, 1957, Vallecchi}
{[Sappiamo che Gauguin, ritiratosi alle Isole Marchesi, lasciando dietro di sè moglie, figli, e risse con Van Gogh e l'inizio di una imprevista fortuna mondana, continuava dall'altra parte del mondo a leggere quando poteva il Mercure de France, a corrispondere con i mercanti mentre tutti lo pensavano isolato e assente dal mondo, sulle più selvagge isole della Polinesia, ossia le Marchesi. Diversamente da lui, Caravaggio morì di febbre su una spiaggia deserta, naufrago, lacero, inseguito dai creditori e da coloro che l'avevano e che gli avevano consentito di dipingere a Malta due dei suoi più grandi capolavori, che ancora oggi si ammirano in quella cattedrale. Sono due vicende emblematiche per capire il mercato dell'arte è un'istituzione recente, che nasce solo con il pieno dispiegarsi dell'economia monetaria e quindi con il sistema capitalistico. (..)] Sapelli IlSole24Ore, 3febbr13}


Cambiamo questo mondo dall'alto in basso * Activism
Prima del capitalismo non si comprava l'opera d'arte: si comprava l'artista. Caspita. Naturalmente (sic) tutto ciò era legato non tanto alla presenza o all'assenza di opere d'arte trasportabili: se così fosse stato, non avremmo avuto le collezioni e oggi le raccolte museali. Il problema era che , comprando l'artista... 
Quando Walter Benjamin parlava della perdita dell'aura dell'opera d'arte per l'avvento della sua riproducibilità tecnica, pensava alla scissione tra l'opera d'arte e soggetto che ne era un tempo contemporaneamente l'acquiriente e l'amatore, il fruitore. 
Tra Caravaggio e Gauguin, il mercato ed il mercante d'arte, naturalmente

il popolo

{bargellini [in lizza per l'arte (delle esposizioni)]   Al popolo fu concessa la passeggera orgia del terrore; dopodichè conobbe una disciplina molto più dura di quella dei servi della gleba. Nel campo militare conobbe le delizie delle coscrizioni napoleoniche, in quello industriale, le delicatezze della fabbrica.   Non mancarono episodi di ribellione. pag 81}

mario perniola pagg. 24/27 
{[..] vecchi valori, ma in fondo che cosa importa? L'essenziale non è restaurare i vecchi valori (impresa comunque molto laboriosa), quanto sbarrare la strada ai fautori della società cognitiva, rifiutando ogni discorso sulle grandezze e sui valori e prospettando l'universo della comunicazione, cioè un mondo senza giudizi e senza prove legittime, nel quale i forti, dotati di poteri non specificati (e spesso non specificabili perché illegali), hanno subito la meglio sugli altri.
Ben pochi si accorgono che lo sfrenato vitalismo della contestazione è qualcosa di retrogrado e di reazionario rispetto al movimento stesso e che esso rappresenta un modo di bloccare dall'interno la rivoluzione intellettuale. Ancora peggio andrà negli anni successivi, specie nei paesi in cui, come in Italia, il vitalismo si sposa con l'oscurantismo e con il populismo. Tuttavia, trasformando i contestatori del Sessantotto in professori e i contestatori del Settantasette in giornalisti, la rivoluzione cognitiva è ricondotta nell' ambito della burocrazia e delle istituzioni: il vitalismo viene abbandonato alla deriva autodistruttiva del terrorismo e delle tossicomanie. 

Ma con l'Ottantanove, cioè col crollo della più forte burocrazia mondiale (l'Unione Sovietica), tutto ritorna in gioco. Si apre una nuova partita: lo sviluppo tecnologico (computer, internet, e-mailing, globalizzazione dell'informazione...) apre al potere intellettuale straordinarie possibilità di crescita, di studio, di conoscenza: la società postindustriale diventa realtà e la competenza acquista un valore economico autonomo sempre maggiore. Tutto ciò non avviene più come nel Sessantotto in nome di un'ideologia politica anticapitalistica, ma si presenta come nuova forma di capitale consapevolmente antagonista rispetto al capitale economico tradizionale. Quest'ultimo perciò è costretto a giocare la carta del vitalismo populistico: cosi contro la società cognitiva nasce il dispotismo comunicativo, cioè una strategia volta ad asservire non solo professori, scienziati e giornalisti, ma anche anche ogni sorta di intellettuali e di specialisti con pretese di legittimazione autonoma (magistrati, grands commis dell'amministrazione pubblica, direttori di strutture ospedaliere, economisti, esperti di qualsiasi tipo dotati di deontologia professionale).

Parte un grande attacco al professionalismo e a ogni sorta di mediazione autonoma che si frapponga tra i vecchi poteri riciclati e il pubblico (di cui appunto è un esempio, il cosiddetto spoil system, che letteralmente vuol dire sistema del saccheggio o della razzia, e indica quel malcostume che distribuisce le cariche direttive dell'amministrazione pubblica ai seguaci del partito vincente).


Tuttavia il dispotismo comunicativo non può fare a meno di una infinità di competenze professionali, scientifiche e burocratiche aggiornate e di standard elevato. E qui si trova in un'impasse che può risultargli fatale: tali competenze infatti nascono, si sviluppano e si rinnovano solo nell' autonomia e nella libertà. Il vitalismo del populismo comunicativo è perciò qualcosa di molto differente dal vitalismo romantico e da quello della contestazione: esso è piuttosto una manifestazione di falsa coscienza. È l'illusione che la contraddizione in cui resta invischiato non abbia alcun effetto, che i mediatori possano essere tutti asserviti, che il pubblico diventi sempre più ignorante e incapace di spirito critico, che le acrobazie e le incongruenze della comunicazione media siano recepite come manifestazioni della potenza e della fecondità creativa della vita.]}




venerdì 21 dicembre 2012

jeune homme de beaucoup de mérite

{[(..) e il sonatore in generale lo chiama un "jeune homme de beaucoup de mérite", un uomo di grande ingegno, com'è giusto. Da che lo ingegno è la parte studiata della chiave, e se quello sia un uomo di gran chiave lei lo può sapere sì o no, ch'io daddovero non lo so...]}


workshop: il testo oscuro quanto basti


principiare dalla «santità della famiglia», che da cantarne le laudi e letàne eterne mai ti bastavano i più dilicati adiettivi, nomi, verbi, sorrisi, dentifrici. Cui s’adiungessino gargarizzi infiniti, e tremori, e rossori, e scodinzolamenti e sculettamenti e basci, con profonda e interior commozione de le budella, catarri, broda, cacca e soffianasi. Nulla mi è più caro della famiglia (che non ho): ma la verità va proferita anche incontro a famiglia.
L’io collettivo è guidato ad autodeterminarsi e ad esprimer sé molto più da gli istinti o libidini vitali, (che sono le fasi acquisite e le arcaiche e di già compendiate del divenire), cioè in definitiva da Eros, che non da ragione o da ragionata conoscenza (che d’è la fase in atto, o futura che tu te ne fabbrichi). Questo non ovunque, non sempre, ma di certo ove la gora del divenire si ristagna: e dove s’impaluda nelle sue giacenze morte la storia, e la «evoluzione» del costume. Ché te t’hai a ritenere un prencipio: gli impulsi creatori e determinatori di storia grossa e’ si immettono in nel miracolato suo deflusso per «quanti di energia», e non già in un apporto continovo. La storia grossa conosce le sue paludi, le more de’ sua processi, i ritorni, i riboboli inani, le stanche pause. Dovendo dire ne’ termini dell’algebra, dirò che l’impulso storico ed etico di storia grossa non è una funzione continua del vivere ossia del manicare e del defecare degli òmini. Si dinotano nella discesa storica le determinate e partite immissioni di contenuto, alterne a periochi morti o stanchi, debili o nulli. Così nel fiume reale vi discendono i sua fiumi influenti, ma l’uno appresso all’altro, e distinto ognuno per propia foce dal precedente, e seguente: duo Dore, Sesia, Ticino, e l’Adda e l’Oglio, e ’l Mincio: e Stura, e Bormida con Tànaro, e Trebbia.
In codesti lachi di storia grossa, dove non è chiamata del futuro, ivi Eros ammolla, e più facilmente infracida e bestialmente gavazza. Si credendo andare; e sta. E bada: non significo nel nome di Eros una pratica e spicciola e dirò comune dissolutezza e del dire e del fare, che le qualche volte ha funzione purgativa, o limitativa di bugia maggiore, o dirompente gli apodittici vincoli del gran castello de le bubbole (Plauto, Boccaccio: et similes). Che no, che no. Vo’ intendere tutt’al contrario la sicinnide, e l’orgia bacchica di tutti i sussulti affettivi non mediati: quando il modo ne venga recato a canone, a paradigma e a sistema di vita. 

(Prosunzione di dementi e di malfrullate: asini che si credano Mosé: facili affetti, facili parole, bona intenzione che non la costa nulla, subita avidità degli onori e de’ guadagni cavandoli del sangue fraterno; spedienti criminali da indorar la vulva alla ganza o da magnificare per marmora i’ ppropio cesso: fede [finta] in ne’ vangeli contradditorî l’un dell’altro: libidini travestite di patria: fingere il non avvenuto e il non a venire col farne mimo in asfalto e balletto di Via Culiseo e gabellare velleità per voluntà, e prurigine e inane sogno per opera perfetta: e berci, e trombe, e ragli: e spari di cannone voto di nave Puglia da tenere addietro i’ ttudesco, e lo schiavo.)

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