martedì 31 marzo 2015

neolingua della valutazione

E se prendessimo come emblema l'insegnamento di Emma? Nessuno dice, anche tra i suoi, come valutasse Emma, e cioè che lei non valutava in alcun modo. Lasciava che fosse il lavoro, meglio l'attività a dire quando, quanto e come, e a ciascuno. Un lavoro immane, laboriosissimo, fatto d'ascolto, di persona, senza deleghe in bianco a nessuno. Pura passione, per amore della civiltà, della conoscenza: che persona! Sono tanti gli insegnanti che ho conosciuto e non posso nominarli, con gli errori e i tentativi, ma gli altri per cui s'arriva solo in Italia al milione di unità docenti? |1978Ben strano mestiere quello degli insegnanti. Si sono moltiplicati proprio quando nessuno sapeva più che cosa dovevano essere. Gran parte dei giovani, da 10 anni a questa parte, sono entrati nella scuola avendo chiaro di non voler impersonare la figura dell'insegnante. Quanto agli altri, quelli che nella scuola c'erano da tempo, nessuno pensa più che saprebbero davvero essere buoni insegnanti, anche se lo volessero. L'insegnante insomma è finito, mentre la categoria degli insegnanti si è ingigantita. Pullulare di corsi di aggiornamento, proposte di nuovi orari di lavoro e nuovi compiti, testimoniano in fondo proprio questo. 

    E preparano la via per una risistemazione di questa categoria senza arte nè parte. |2015| centomila insegnanti precari assunti subito. Il governo ha già previsto la stabilizzazione di 150mila insegnanti, ma ora potrebbero salire a 250mila.
E chi pensa di trovare un milione di insegnanti di tale carattere.. D'accordo, e allora? Io saprei come fare ma non faccio (per questo) il ministro dell'istruzione pubblica, se è di Stato.
(continua)
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Economisti che sui problemi della scuola si costruiscono carriere, imprenditori e faccendieri a caccia di nuovi guadagni, insieme a politici e burocrati compiacenti, stanno imponendo il governo tecnocratico nella scuola e nell’università, un governo che inneggia all’individualismo e alla competizione sfrenata, dove l’istruzione ridotta a prodotto di mercato, e che liquida come anacronistico retaggio del passato ogni dimensione del sociale. Una pletora di decisori senza idee che, a dispetto di ogni evidenza, vogliono imporre oggi in Italia quello che la storia mostra aver fallito altrove. In questo scenario il test non è neutro e non è innocuo: è un dispositivo di controllo che agisce come strumento performativo retroattivo, trasformando ciò che facciamo e il senso di ciò che facciamo a scuola .

La “cultura della valutazione” nasce nella seconda metà del secolo scorso negli Stati Uniti d’America, imposta dal modello economico neoliberista, che applica anche all’istruzione il principio imprenditoriale dell’analisi costi-benefici a breve termine [«Le scuole saranno più efficienti se saranno sottoposte alle leggi del mercato capitalistico e, come tutte le aziende, entreranno in concorrenza le une con le altre per attirare i loro clienti: gli studenti», così Milton Friedman, nel 1955, in “The role of Government in education”].
Per fare questo occorreva individuare un’entità misurabile circoscritta, una unità di misura e uno strumento di misurazione, che permettesse di valutare “oggettivamente e sistematicamente” il livello degli  apprendimenti di uno studente, di una classe, di una scuola, di uno Stato.
Anna Angelucci al Convegno “Educare alla critica: quale valutazione?”. Liceo Classico Mamiani, Roma, 26 novembre 2013.

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