Primi decenni del XIX secolo: falliti tutti i tentativi di dimostrare il V postulato di Euclide, nascono le cosidette geometrie non euclidee. Viene così in discussione l'idea che possa esistere una ed una sola certezza geometrica. Per tutto il Medioevo ed il Rinascimento diversi studiosi si impegnarono nella dimostrazione diretta del postulato senza riuscirci. Qualche secolo più tardi, Giovanni Gerolamo Saccheri ne tenta una dimostrazione per assurdo aprendo però la strada alla fondazione delle geometrie non euclidee, in cui si impegnarono matematici come Carl Friedrich Gauss, che per primo chiarì l'impossibilità di dimostrare il V postulato nonostante lo ritenesse necessario per la creazione di una geometria coerente. Altri contributi provengono dal lavoro di Bernard Riemann, che sviluppa un nuovo tipo di geometria partendo dalla negazione del V postulato di Euclide e sostituendolo con quello che oggi viene definito assioma di Riemann, e dagli studi di Nikolaj Lobacevskij sull'ipotesi dell'angolo acuto grazie al quale riesce a costruire un sistema geometrico non più basato sull'ipotesi delle parallele (come voleva, appunto, il postulato euclideo) ma sul postulato iperbolico. Ma la questione è di portata ben più ampia: lungi dal riguardare la sola geometria, le problematiche poste dall'indimostrabilità del V postulato di Euclide minano profondamente anche le certezze matematiche ponendo al centro della questione filosofica il problema dei fondamenti: come si può giustificare la nosta fiducia nel fatto che la matematica abbia un fondamento sicuro? Si cerca di rispondere a questa questione seguendo due diverse modalità:
Secondo il logicismo il fondamento della matematica risiede nella logica, nel senso che tutti i concetti base della matematica (numero, relazione e funzione) sono definibili in termini puramente logici. Gottlob Frege pubblica nel 1884 "I fondamenti della matematica", opera nella quale tenta una giustificazione definitiva e certa della conoscenza matematica, cercando di fondare quest'ultima sulla teoria degli insiemi, che si deve però al logico e matematico tedesco Georg Cantor. La teoria degli insiemi elaborata da quest'ultimo si basava sul principio di cardinalità e sul principio di estensionalità. Secondo il principio di comprensione: ogni proprietà determina un insieme costituito da tutti e soli gli oggetti che godono di quella proprietà. Secondo il principio di estensionalità: due insiemi che hanno gli stessi elementi sono uguali. Molto importante nella teoria degli insiemi di Cantor, era il concetto di numero cardinale di un insieme. Numero cardinale: il numero cardinale di un insieme A è l'insieme di tutti gli insiemi che sono equipotenti ad A. Attraverso la teoria cantoriana, i concetti base della matematica vengono definiti nell'ambito di una teoria insiemistica. Ma si può pertanto dire che la matematica è stata ridotta alla logica? Si può dire che il programma logicistico di fondazione della matematica è riuscito? Fra i primi ad accorgersi che il concetto di insieme non poteva essere d'aiuto per la fondazione della matematica, troviamo Bertrand Russell, uno dei pochi ad interessarsi al lavoro di Frege. Infatti, mentre quest'ultimo stava dando alle stampe il secondo volume dei "Principi dell'aritmetica", Russell gli comunica un'antinomia fondamentale che vanificava la sua intera opera, quello che oggi viene conosciuto come "paradosso di Russell". Infati, la teoria degli insiemi sviluppata da Cantor e utilizzata da Frege può essere dimostrata internamente contraddittoria attraverso la definizione di un insieme molto particolare: l'insieme di tutti gli insiemi che contengono se stessi come membri. La definizione di questo insieme porta al paradosso dell'insieme di tutti gli insiemi che non contengono se stessi , dimostrando che la definizione di insieme di Frege e Cantor non poteva essere usata come fondamento certo della definizione del concetto di numero e quindi della matematica. Insieme al collega Alfred North Whitehead, Russell cerca di superare questa antinomia attraverso la teoria dei tipi con la quale viene di fatto eliminata ogni forma di autoriflessività degli insiemi. Ludwig Wittgenstein muove una critica a questa teoria, ma né lui né tanti altri riescono a risolvere il problema delle proposizioni autoriflessive da un punto di vista logico-formale. La via formalistica ai fondamenti della matematica ha permesso di guardare al problema da un altro punto di vista. La questione fondamentale non è quella di provare che la matematica è riconducibile alla logica, ma dimostrare che la matematica è incapace di mostrare contraddizioni. Per studiare la proprietà della non contraddittorietà è utile pensae il complesso delle teorie matematiche come un insieme di teorie assiomatiche espresse in un linguaggio formale: a tal proposito si parla di sistemi formali. In quest'ottica si inserisce il "programma" di David Hilbert. Il lavoro del matematico tedesco sui fondamenti della matematica intendeva risolvere questi due problemi:
Hilbert riteneva che entrambi i quesiti avessero in comune il concetto di infinito. Infatti, la teoria dei numeri transfiniti di Cantor può essere descritta come un'estensione dell'aritmetica oltre il regno del finito; e i paradossi di Cantor e di Russell possono essere evitati in contesti in cui vengono poste certe restrizioni sulla grandezza di totalità che possiamo chiamare `insiemi'. Se questi problemi fossero stati risolti, allora avrebbe trovato risoluzione anche il problema dei fondamenti della matematica. |
sabato 31 dicembre 2011
Dalle geometrie non euclidee ai teoremi d'incompletzza di Gödel
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento