giovedì 1 marzo 2018

rapporto misinterpreted

Ora facciamo i conti
Se dividiamo i 5,6 milioni di disoccupati per i 24,4 milioni di attivi otteniamo un tasso di disoccupazione giovanile del 23,0 per cento. Ma la differenza tra la popolazione e gli attivi è di 33,1 milioni di ragazzi studenti o Neet. Se invece al denominatore mettiamo i 57,5 milioni di popolazione otteniamo un’incidenza della disoccupazione sulla popolazione pari a 9,7 per cento, che secondo Eurostat definisce in modo più corretto il fenomeno. Proprio per questo motivo, dice Eurostat, i tassi di disoccupazione giovanile sono spesso “misinterpreted”, interpretati in modo distorto. Il paradosso a cui si arriva è che il tasso di disoccupazione giovanile può essere molto elevato anche con pochi disoccupati e forze di lavoro ridotte.
disoccupazione-giovanile-10%



 In Italia invece l’obbligo scolastico si ferma a 16 anni, dopo dieci anni di studi, e non esiste incompatibilità tra studio e indennità di disoccupazione. Anzi, con la riforma del mercato del lavoro del 2012, il ministro Fornero ha incluso gli apprendisti tra coloro che hanno diritto all’indennità di disoccupazione. Una scelta che certamente incide sulla spesa per gli ammortizzatori. 
Per riparare all’inganno e al rischio d’interpretazioni fallaci, Eurostat e Istat elaborano un secondo indicatore per la fascia di età 15-24: l’incidenza della disoccupazione sulla popolazione, che ha lo stesso numeratore del tasso di disoccupazione, ma il denominatore è la parte di popolazione in età 15- 24. Questo indicatore – più corretto – per il 2012 ci dice che nel confronto con il dato europeo del 9,7 per cento l’Italia si pone al 10,1 per cento, quindi appena sopra la media europea! Al tasso di disoccupazione giovanile 15-24 del 37,8 per cento corrisponde cioè un’incidenza dei disoccupati sulla popolazione di età 15-24 del 10,1 per cento, media 2016.

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