- Lei cosa consiglierebbe oggi a un insegnante?- Qual è la dote più importante per un insegnante quando ha di fronte gli allievi?
Emma Castelnuovo: È mettersi allo stesso livello, cioè suscitare interesse e quindi discussioni, accettare domande su domande, anche le più balorde. Accettare delle domande a cui, là per là, non sa rispondere e non avere scrupolo di dire: guardate non lo so. Questa è la cosa fondamentale indipendentemente dalla materia che si insegna.
- A cosa serve oggi per lei la Matematica nella società?
Emma Castelnuovo: Mi sembra una domanda assurda, perché lo sappiamo benissimo che serve moltissimo, però l’insegnamento della Matematica è rimasto molto arretrato. Non parlo dell’Italia, parlo di tutti i Paesi. Direi che l’Italia, per quello che riguarda l’insegnamento della Matematica nella scuola media è fuori di dubbio all’avanguardia per i programmi del ’79. Il nuovo ministro può fare e dire quello che vuole, ma quei programmi sono ben noti dappertutto perché sono proprio dei programmi – come dire – non specifici, non dettagliati, ma dalle idee larghe. Quindi, mentre a qualcuno, a qualche insegnante, possono rimanere difficili proprio perché non ci sono i dettagli, ad altri, agli insegnanti aperti, riescono belli e interessanti proprio perché sono aperti e uno può insegnare come vuole. L’Italia, dobbiamo tutti riconoscerlo, ha sempre avuto una grande libertà nella scuola secondaria. Abbiamo avuto la libertà, forse anche perché mancano gli ispettori! In tutta la mia carriera forse ne ho visto uno il primo anno. Poi niente, e uno può fare, e infatti l’ho fatto, le pazzie che vuole.Comunque, oggi come oggi, quello su cui si deve insistere a mio avviso è la fantasia che occorre per fare il matematico, perché, con i mezzi formidabili che abbiamo, ci sono tante, a volte troppe, informazioni e bisogna saperle scegliere, e ci vuole anche il posto per l'intuizione e la fantasia del matematico.
Fare un'intervista fittizia alla Castelnuovo mi è sembrata una cosa ridicola considerando il fatto che è ancora in vita, sarebbe stato bello apprfittarne ed incontrarla davvero ma forse sarebbe stato chiedere troppo. Ho trovato comunque una bella intervista fattagli da Roberto Natalini e mi è sembrato opportuno riportarla.[PROFILO+DI+UN+MATEMATICO+EMMA+CASTELNUOVO]
Ma anche accettando che la cultura tecnoscientifica
possegga doti taumaturgiche nei confronti della società,
resta il problema di come impartirla: e si arriva al problema formidabile della scuola. La crisi della scuola scaturisce da tre fattori principali, tutti riconducibili allo sviluppo della tecnologia: in primo luogo docenti e discenti
non riescono più a comunicare tra loro, perché il divario
generazionale sottende un divario di organizzazione cerebrale dovuto alle diverse esperienze neonatali e infantili.
Secondo: da luogo unico (e protetto) di trasmissione del
sapere, la scuola subisce sempre più la concorrenza di altre fonti di conoscenza, diffuse e informali, ma potenti (la
televisione, internet), che operano in modi più accattivanti e meno sistematici. Infine ci sono i rapporti tra la
scuola e il resto della società. In un’epoca dominata dall'economia e dal mercato, la società tende a subordinare
a sé la scuola, che dovrebbe rinunciare alle sue pretese di
indipendenza culturale per limitarsi a preparare (a fabbricare) persone adatte a inserirsi nel processo produttivo.
Di fronte a questa imposizione, la scuola si trova in un
doppio vincolo o si adegua e diventa una cinghia di trasmissione della produzione, ma allora è destinata a sparire perché le singole aziende possono preparare i propri
tecnici assai meglio di una scuola pubblica a largo spettro; oppure cerca di mantenere la propria autonomia, nonostante e contro la società che la circonda e, non dimentichiamolo, la finanzia: ma anche in questo caso è destinata alla sconfitta, perché nessuna società basata sull’utile
continuerebbe a investire in un ente improduttivo e potenzialmente critico. [giuseppe o. longo]
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