martedì 5 marzo 2019

Peccato che Sergio Saviane non ci sia

L'idiozia di Moravia in una critica minuziosamente azzeccata.
Peccato che Sergio Saviane sia morto, a lui sì farei un monumento, sia come giornalista che come critico.
Quando ho cominciato a leggere questo libro su Moravia pensavo fosse una biografia normale, un pò fantasiosa dell'autore, invece no! è proprio un'accurata critica efferata e a mio avviso giustissima (ci voleva porca puttana se ci voleva), su come Moravia procede per banalità, narcisismo e luoghi comuni sui suoi romanzi, che tanto elogio è nulla in confronto alle critiche che sparge Saviane, o critiche, io direi accurate osservazioni. Moravia davvero, non libri, ma chili di carta dove si sprecano gli specchi, azioni patetiche: la noia, ma per davvero.

Quindi visto che le mie parole contano molto poco, mi son presa la briga di trascrivere alcuni passaggi di questo stupefacente libro.

Per Moravia le cose inanimate rivestono sempre e indiscutibilmente un ruolo di primissimo piano. Ecco allora che le camere da letto, le tolette, i salotti, i saloni sfavillanti o le anguste camerette di borgata, i bicchieri, i lumi, le chincaglierie, le cianfrusaglie o le ceramiche antiche, i mobili ed i soprammobili assumono un'importanza che via via si allarga, si espande, trabocca dalle pagine, avvolge e seduce il lettore, lo conduce, a volte stordendolo, lungo tutta la strada. Uno scendiletto, un vaso da notte, una ciotola, una candela, una tazza, una bottiglia, una finestra, una posata, un un piatto meglio se rotto, un qualsiasi oggetto, possibilmente di vetro o cristallo, e, appunto uno specchio, diventano protagonisti ed i fedeli "traduttori" delle trame più recondite, dei sentimenti, delle sensazioni più o meno autentiche. Il lettore non se ne accorge, ma alla fine Moravia ha compiuto il miracolo.

Che questi oggetti, queste figure o questi sogni, a volte un po' paralitici parlino una lingua o l'altra non ha molta importanza per l'infaticabile produttore di virgole.

Parlando del vetro nei romanzi di Moravia dagli Indifferenti agli ultimi romanzi di questo narratore in prima persona, lo specchio è come il meccano, dei ragazzi, da cui si può trarre ogni tipo di costruzione, dalla gru al carro attrezzi di pronto soccorso a al rosso furgone dei pompieri. Davanti allo specchio l'autore dà appuntamento alla madre di lusso, al maturo figlio di papà troppo ricco, (c'è ancora il figlio di papà), incompreso e tanto infelice, alla puttanella precoce, all'intellettuale solitario, alla moglie vogliosa del produttore.






Lo specchio viene evocato perfino nei sogni, diventa il fulcro di ogni vicenda. Dagli Indifferenti ad Agostino, dall'Amore coniugale, al Disprezzo, alla Noia, fino ai Racconti, dai Romanzi brevi ai Racconti romani, e poi fino ai Nuovi racconti romani (mamma mia, quanti racconti), tonnellate di pagine fitte fitte, lo specchio è sempre l'unico testimone, il freddo ragioniere chino sulla partita doppia e sui bilanci della romanziera romanesca di Moravia.
Bisogna proprio riconoscere che lavorare esclusivamente, come Io e lui, col solo apporto di uno specchio, uno slip, una patta a cerniera, un cesso e un organo umano, anche se ben dotato e lungimirante, è fatica da Ercole specialmente per un autore che di solito trae la sua inesauribile linfa dalla donna nei meandri più intimi e reconditi della psiche e della fica trasteverina.

Sono più di sessant'anni che l'infaticabile scrittore consulta specchi per intercettare, come la sorellastra cattiva di Cenerentola, le immagine che questo oggetto impenetrabile gli manda fermo posta della sua sicura e garrula mano di narratore.

  1. Giudicare l'opera di Moravia escludendo come hanno fatto i critici, questo oggetto così prezioso, e, si può dire, narrativamente prolifico, sarebbe una grave responsibilità, che non ci sentiamo di condividere con i suoi zelanti recensori. (...) di sa com'è denso di significato un uccello contro lo specchio. E' chiaro che dunque Moravia non sa e non vuole vedere i suoi personaggi se non riflessi sugli specchi oppure attraverso quella specie di muraglia invalicabile, ma trasparente che può essere un finestrino d'automobile, un cristallo di Boemia, persino un bicchiere, una lampadina, un lume, basta che sia a portata di mano.

    (.....riferimenti di specchi e affinità vetraie nei suoi romanzi) Pag 55

Siamo nel 1944. Moravia ha già calpestato e frantumato i vetri e la chincaglieria, gli specchi e i salvadanai di terracotta. (...) non ha ancora avuto il coraggio di spaccare con un pugno il vetro leggero che protegge in cornice la foto ricordo di Gabriele D'annunzio, ma si sta avviando a grandi passi anche a questa operazione.

Passiamo ora, dopo aver ricordato il vetrume delle "Due cortigiane" della "Romana" e della "Disubbidienza", al reparto cristalli e vetri pregiati dell'Amore coniugale, che è del 1949. la prima specchiera la troviamo a pag 9. Il protagonista Baldeschi(...) presenta al lettore la bella moglie Leda, . Non ha specchi a portata di mano, ma va a cercarne uno negli occhi di lei, trasformando la pupilla in vetro. Lo specchio quindi non c'è ancora, materialmente, ma in forma simbolica. L'importante è che sia un oggetto..(...) ma è a pag 33 che l'intellettuale si mette in posa davanti ad un vetro per spiegare la sua vera crisi, motivo dominate e filo conduttore di tutto il romanzo. Qui abbiamo per la prima volta la rivelazione che ci troviamo di fronte ad un uomo in panne sentimentale e creativa. Una vera scoperta.


Moravia deve avere appena letto L'uomo senza qualità di Musil e non vede l'ora secondo le sue note abitudini di scippatore internazionale, di travasare tutto in uno dei suoi romanzi pirla, o, se vogliamo usare un linguaggio ironico da critico dotto e raffinato, uno dei suoi romanzi di "ambizioni più sbagliate" Basta aprire a caso un suo libro per finire nella casa di ricovero del sesso. (....) Non si può prendere un disgraziato come il "Baldeschi" dell'amore coniugale, mandarlo in giro a far soliloqui al vetro sul sesso d'antiquariato, e poi presentarsi ai convegni delle femministe, o andare in Unione Sovietica a parlare dell'attualità del romanzo disimpegnato. (....) Sono le contraddizioni della letteratura italiana. e' giusto quindi che uno scrittore che da mezzo secolo manda in giro, i suoi personaggi a fare il tiro della fune con gli uccelli più intronati del mediterraneo, venga candidato al premio Nobel da una critica un po' mammona e segaiola, questo è vero, ma molto sensibile ai richiami del sesso imbottigliato come il Barolo.

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